IL GARZONE

Vincenzo Santolini di Coriano, dove fu anche amministratore ricoprendo importanti incarichi istituzionali, ex partigiano, deceduto nel 2020, che caratterizzò la sua vita con un costante impegno politico e sociale. Raccolse in un libretto le memorie di un suo caro amico, Guido Ceccarelli, raccontandone episodi della sua vita, riferita agli anni quaranta del secolo scorso.

Il 28 maggio 1944 mio padre mi accompagnò in treno da Rimini a Ravenna, ero stato assunto come garzone, avevo 18 anni, da un colono di Cotignola. Nel ravennate ogni famiglia, che possedeva parecchio terreno, assumeva garzoni che provenivano quasi tutti dalla bassa Romagna. Questi in gran parte erano reclutati a Rimini, dove il 25 marzo di ogni anno, nei pressi della chiesa alla Colonella, si svolgeva la Fira di garzoun.

Durante la mia permanenza il mio pensiero era sempre verso la mia famiglia a Coriano, perché giungevano notizie che la città si trovava sul fronte di guerra. Qualche volta, quando potevo, cercavo di ascoltare la radio del padrone e in seguito appresi che il 15 Settembre 1944 anche Coriano era stata liberata, però c'erano stati tanti morti. Volevo tornare a casa, ma avevo paura e di soldi non ne avevo. La guerra per altro stava per arrivare anche dove mi trovavo. I combattimenti fra le truppe tedesche e inglesi erano in corso a Santarcangelo di Romagna e dopo alcuni giorni gli inglesi raggiunsero il fiume Senio dove, da un'altra direttrice, arrivarono anche gli americani.

I tedeschi avevano bisogno di giovani per lavori di difesa e ci rastrellarono dalle varie aziende agricole presenti in zona. Fui trattato bene, forse perché presentai il lasciapassare che gli stessi tedeschi mi avevano consegnato quando lavoravo per loro a Rimini, presso la T.O.D.T. In seguito i tedeschi, durante un nuovo rastrellamento, mi presero assieme ad altri sette o otto ragazzi, non ricordo bene, e ci rinchiusero in uno stanzone al castello di Lugo. Eravamo impauriti, disperati, temevamo per la nostra sorte. Ci tennero rinchiusi per un intero giorno, senza né cibo né acqua. Quando poi, senza spiegazioni, fummo liberati, ad attenderci c'era un nostro padrone. Gli si chiese perché non ci avesse portato qualcosa da mangiare, lui ci rispose che credeva avessimo fatto la fine dei sette fratelli Cervi, uccisi dai nazifascisti.

Negli ultimi giorni del 1944 i tedeschi di Cotignola imposero a intere famiglie, con il bestiame al seguito, il trasferimento a Lugo. Eravamo, me compreso, in tutto 46 persone. Ci sistemammo in un ricovero per cavalli (oggi su quel sito sorge un garage per auto). La mattina successiva all'arrivo, noi tre garzoni, io che avevo 18 anni, Alfredo che ne aveva 20 e Sergio 13, fummo mandati con un carretto trainato da una vacca a cercare paglia, fieno, barbabietole per il bestiame reperendolo nelle vicinanze. Non lontano dal centro individuammo una casa colonica abbandonata, dove trovammo tutto quello di cui avevamo bisogno.

Vi era però un ostacolo da superare: un grosso cane alla catena che ringhiava minaccioso. Io, con tutte le cautele del caso, guardingo, riuscii ad avvicinarmi e lestamente sciolsi la catena che lo tratteneva. Il cane immediatamente si diede a una veloce fuga. Fu così che ci approvvigionammo, riempiendo il carro, di tutto quello che era l'obiettivo della ricerca. Un'altra mattina, mentre noi garzoni si attraversava un campo sempre alla ricerca di reperire fieno e altro per alimentare il bestiame, apparve in cielo un aeroplano americano che, individuatici, iniziò a sganciare bombe, noi tre velocemente trovammo scampo in un piccolo rifugio e riportammo escoriazioni, mentre la vacca rimase seriamente ferita. Rimanemmo in quel sito alcuni mesi fino a quando, il 9 aprile 1945, arrivarono i liberatori americani.

Vincenzo Santolini