DELUSIONE DOPO LA SPERANZA

Ariodante Schiavoncini, concittadino 1922 - 2013, per anni figura di rilievo della politica riminese, ha lasciato degli aneddoti sulle sue vicende personali nel periodo bellico.

Dopo l'8 settembre 1943 la notizia della caduta del regime e la prospettiva dell'imminente fine della guerra furono accolte da folle di popolo che, con scene di giubilo, si riversò in massa nelle piazze e strade delle città per festeggiare. Si trattò però di una pia illusione, per gli italiani il peggio doveva ancora arrivare. Dopo l'8 settembre a Rimini la tranquillità è durata poco. Nei primi giorni di ottobre le truppe tedesche che avevano invaso l'Italia cominciarono i rastrellamenti anche a Rimini.

Ogni cittadino in grado di lavorare veniva fermato. In un primo momento venivano impiegati per costruire fortini e casematte sul litorale, in seguito molti di loro sono stati spediti a lavorare nelle fabbriche tedesche. Io ho avuto la fortuna di non essere arrestato, perché mi sono allontanato da Rimini e rifugiato a Ponte Verucchio. A metà ottobre, convinto che il pericolo dei grandi rastrellamenti fosse finito, sono tornato a casa.

Nel 1943, all'inizio di novembre, durante il primo bombardamento aereo su Rimini sono rimasto sepolto con una ventina d'altre persone nel rifugio paraschegge detto della Croce Verde. Dopo ore di lavoro di volonterosi militari tedeschi e cittadini, da quelle macerie siamo stati estratti vivi solamente in due. La strada, a ricordo di quella strage, oggi si chiama via Vittime Civili di Guerra. La morte è una tragedia per tutti, ma per me sarebbe stata allora anche una beffa. Avevo compromesso la mia salute, rischiato severe punizioni per non essere mandato al fronte e ho corso il pericolo di morire sotto il primo bombardamento che subiva la città, mentre aspettavo di andare a pranzo dalla mia fidanzata e la sua famiglia, che abitavano nella vicina via Clodia.

Da quel primo novembre 1943 a Rimini è iniziato l'esodo dalla città. Quasi tutti i cittadini Riminesi hanno cercato un ricovero nelle case della campagna e nei piccoli paesi, dovunque potessero ripararsi dal freddo e dalle intemperie. Chi aveva delle attività entro le mura cittadine ha cercato di resistere, ma il susseguirsi delle incursioni giornaliere, che hanno fatto di Rimini la città più distrutta e bombardata d'Italia, ha dovuto abbandonare ogni bene e fuggire. Vedere ancora oggi, in diversi paesi del mondo, colonne di profughi che fuggono da rivoluzioni e guerre mi riempie il cuore di tristezza e la mente di mille perché senza risposta.

Ariodante Schiavoncini