Virginio Cupioli (1926 - 2023), già ferroviere con la qualifica di Capo Stazione Superiore, ha lasciato memorie del suo servizio in ferrovia, in questo caso il riferimento è a fatti avvenuti nell'immediato dopoguerra.
Nel 1946, primo anno di ripresa delle attività dopo la fine della guerra, fui inviato a Piacenza a espletare il servizio come capotreno, questo in quanto il deposito personale viaggiante era carente di personale in loco. Le scorte previste erano su treni per e da Milano, per Torino via Voghera, Alessandria e ritorno, Pontremoli via Fidenza e Fornovo, e per Bologna con eventuale ritorno. I treni operai per Milano erano composti da carri chiusi, detti arredati perché muniti di scaletta per salire e scendere, con all'interno panchine di legno fissate al pavimento (sostituivano le rare carrozze in circolazione), con orario cadenzato, ogni mezz'ora dalle 4.30, e portavano operai che salivano nelle stazioni della tratta.
Questo mezzo di trasporto contribuiva notevolmente alla ripresa delle attività lavorative nelle aziende, in particolare nelle grandi città. Fra le tante scorte da Bologna ricordo un treno di sette carrozze proveniente da Roma e diretto a Milano, riservato alle donne dell'U.D.I. (Unione Donne Italiane) che ritornavano a casa dopo una grande manifestazione nazionale organizzata dal leggendario capo sindacalista Giuseppe Di Vittorio, (il primo congresso in assoluto dell'UDI si era svolto a Firenze dal 20 al 23 ottobre 1945, organizzato da Rita Montagnana prima compagna del segretario comunista Palmiro Togliatti).
Sul treno viaggiavano le popolane milanesi di Porta Romana, Porta Ticinese, di tutte le età, erano ancora galvanizzate dalle parole pronunciate da Di Vittorio e dagli altri oratori durante il comizio. Erano speranzose e motivate per il futuro riscatto della condizione femminile nella nuova società che si stava affermando, che avrebbe trovato nella Carta Costituzionale la tutela dei loro diritti. Avevo vent'anni ma dimostravo meno dell'età reale, stavo chiuso nello scompartimento riservato al capotreno e le popolane di tanto in tanto si avvicendavano per curiosare; questa attenzione delle donne meneghini mi intimidiva e creava in me un fastidioso disagio.
Un'altra scorta particolare che riguardava il mio servizio era quello delle mondariso: il treno partiva da Bologna (sempre composto con carri arredati) e raccoglieva nelle varie stazioni le donne padane provenienti dalle zone di Verona e Mantova, esperte della monda, perché in quei luoghi si coltivava e si coltiva la nuova qualità del riso creato dai botanici negli anni 30, chiamato vialone nano. Portavano grandi borse, erano allegre, da qualche carro si udiva sottovoce il coro delle canzoni delle mondine, vere portatrici dell'operosità e semplicità agreste.
Il personale di servizio del treno si accordava con una mondina anziana, col macchinista e con il capostazione per allungare i tempi di fermata in stazione opportuna per le necessità fisiche delle viaggiatrici che dovevano scendere e salire dai carri. Erano donne di tutte le età, annualmente occupate nella campagna risicola e dirette nelle risaie di Vercelli, Milano e Novara dove si produceva e si produce il miglior riso italiano, forse del mondo.
Virginio Cupioli