In riferimento all'articolo apparso su La nostra voce di agosto - settembre 2023 relativo al Disastro ferroviario del 13 giugno 1973, sono a chiedermi il senso di voler, dopo 50 anni, con un articolo sullo stesso, scavare su colpe e responsabilità e quant'altro in nome di una verità del tutto personale con il percorso dei ricordi con molti forse, e dopo un regolare processo. Chi scrive dice di voler portare serenità e consolazione ai familiari con questi contributi e ricordi. La verità assoluta non può essere riscritta da ricordi ormai offuscati dal tempo, e senza contradditorio.
Erano uomini e lavoratori che quel giorno sono morti o perso un pezzo di vita vedendo morire amici e colleghi. A questo punto poco importa di chi fosse la colpa, importante che si possano evitare tragedie come queste escludendo l'errore umano. Il 13 giugno scorso è stato un giorno nel ricordo e nel dolore ancora vivo nei parenti di quegli operai, che ancora hanno pianto, perché il tempo trasforma il dolore ma non lo placa.
Ero molto contenta della targa affissa alla stazione di Rimini per non dimenticare quel giorno, assieme agli amici e colleghi, zii, nonni, fratelli, delle vittime dell'incidente. Dopo la lettura dell'articolo di cui parlo, quella giornata ha perso o un po' del suo significato, quanto meno il confronto, anzi mi è tornata in mente tutta la disperazione di quei giorni.
Dietro di me non ci sono sigle politiche o sindacali, sono solo figlia di uno degli otto ferrovieri che stavano ritornando a Rimini.
Oriana Metalli