Elio Biagini, (1923 - 2005) ex ferroviere, nel decennio degli anni 70 del secolo scorso presso il DLF Rimini ricoprì la carica di Sindaco Revisore; lasciò delle memorie sulle traversie vissute in Albania durante la guerra dove svolse il servizio militare fino al fatidico 8 settembre 1943, quando con la dissoluzione dei comandi militari raggiunse e si unì, con altri commilitoni, a bande partigiane operanti in montagna. Dopo uno scontro cruento con una formazione tedesca fu da questi catturato e fatto prigioniero. In seguito, durante un trasferimento approfittò di una tormenta di neve per sfuggire alla sorveglianza e vagare poi per ore nei boschi. Quando, senza forze, si sentiva ormai perduto venne rintracciato da un gruppo di partigiani che lo condussero nel loro accampamento.
Siccome presentavo palesi sintomi di congelamento ai piedi, venni condotto per le cure in casa. Si mise subito all'opera un partigiano, prese un tegame piatto, vi versò dentro dei fagioli mettendo tutto sul fuoco. Poi prese un barattolo contenente un prodotto giallastro, grasso di pecora. Quando i fagioli furono abbrustoliti, li schiacciò riducendoli in una poltiglia che amalgamò con il grasso. Quella poltiglia nera mi venne spalmata sui piedi. I giorni passavano e l'espressione che notai sul viso del partigiano che mi assisteva non mi dava speranze di guarigione.
Era il 23 gennaio 1944 quando l'albanese mi diede una brutta notizia: era stato deciso che dovevo essere portato in paese dove c'erano i tedeschi, nella loro caserma. Mi fecero l'ultima medicazione avvolgendomi i piedi con fasce perché le scarpe non mi calzavano più. Mi fecero salire sulla groppa di un somaro e si partì. Destinazione Elbasan. Dopo circa un'ora si arrivò a destinazione; in una grande piazza in mezzo alla neve fui fatto scendere e mi si indicò di recarmi presso un militare di guardia dentro una garitta. Lasciato solo, mi diressi verso la caserma. Quando mi trovai vicino alla guardia, questa mi puntò il moschetto, mi ordinò l'alt e mi fermai.
Mi presentai come italiano, questi mi guardò come fossi un fantasma e incomincò a urlare chiamando l'interprete che arrivò assieme a dei militari tedeschi. Cominciarono a fare fotografie per immortalare il mio stato pietoso. Fui interrogato per diverso tempo, volevano sapere perché fossi ancora libero. Dal giorno dell'11 novembre mi sarei dovuto presentare alle truppe tedesche: perché non l'avevo fatto? Cercai di farmi capire che ero impossibilitato a rispettare tale data perché ero prigioniero dei partigiani e appena mi fu possibile ero scappato presentandomi al comando tedesco.
Mi chiesero perché non avevo le scarpe e io risposi che i piedi mi facevano male. Mi portarono quindi in infermeria; attraversando la corsia notai che tanti militari, e fra questi anche italiani, avevano le gambe appese a degli appositi fili mostrando solo le ossa; la cancrena aveva eliminato loro tutta la carne. Condotto in infermeria mi fecero sedere, un infermiere mi tolse le bende e la poltiglia che avvolgeva i piedi pulendoli per bene. Quando poi arrivò il medico italiano, mi visitò e mi chiese la composizione di quell'intruglio che me li aveva ricoperti; alla mia risposta il medico mi guardò e mi disse che grazie a quello li avevo salvati, altrimenti avrei fatto la fine di tanti ricoverati in corsia. Il congelamento mi aveva solo sfiorato la punta delle dita.
Passato il pericolo mi chiesi: quale prigioniero degli ex alleati, cosa mi avrebbe riservato il futuro? Intanto i miei piedi venivano medicati ogni giorno e mi facevano punture all'inguine. Il medico mi rassicurò che il congelamento si era fermato e perciò i piedi potevano considerarsi salvi. Ringraziai Iddio della buona notizia. Trascorsa una settimana, fui avvisato che dovevo tenermi pronto per la partenza. Infatti il giorno dopo, di buon mattino, due militari vennero a prelevarmi. Un'ultima medicazione e mi caricano su una barella, quindi su un automezzo che percorse un tragitto accidentato tra tanta neve, passando per piccoli paesi fino a raggiungere il lago di Ocrida, ai confini con la Macedonia.
Elio Biagini