Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, già Capo Stazione Superiore, attingendo ai suoi ricordi giovanili, ci narra di una pratica cui si dedicava, saltuariamente, la laboriosa madre.
Nella bella stagione, dalla primavera all'autunno, mia madre andava a tagliare l'erba per gli animali da cortile che allevava, e raccoglieva quelle commestibili per il desco famigliare. Negli orti e nelle campagne era uso, quando una coltivazione terminava, di permettere agli estranei la raccolta dei prodotti maturi prima della distruzione provocata dalla lavorazione del terreno. Mia madre percorreva i campi e, col permesso del padrone, approfittava per cogliere frutti ormai senza valore per il produttore.
Quando arrivava a casa, la figliolanza la attorniava, curiosa di vedere cosa contenesse il sacco rigonfio, oltre l'erba. Qualche volta non c'era nulla, a volte un cocomero, un melone, frutta e ortaggi vari, che venivano subito mangiati. Una volta dal sacco sbucò un serpentello che sorprese tutti, si dileguò nel prato vicino; fu una sgradita emozione, evidentemente era entrato nel sacco quando era stato posato a terra in campagna.
Questa è una delle tante testimonianze da me riportate del periodo d'anteguerra; simboleggiano un'epoca ancora pervasa dalle usanze e dai costumi in uso nei rapporti sociali del diciannovesimo secolo, un periodo di estrema povertà in cui era difficile procurarsi un tozzo di pane. La borghesia e la proprietà agraria imperavano, ostili al progresso. La povera gente denutrita era soggetta allo sfruttamento, senza difesa, mentre i padroni erano affetti da gotta.
Virginio Cupioli