IL RITORNO

Il socio Benito Colonna (Toni), classe 1937, ex Macchinista FS a riposo, nato e residente nella frazione cittadina di Rivabella, ricorda esperienze vissute durante il periodo bellico.

Mi trovavo a Igea Marina dove con la mia famiglia ero sfollato da Rivabella. Il fronte di guerra era passato da pochi giorni quando un mattino io e l'amico Saverio ci incamminammo lungo la linea ferroviaria verso Rimini. A un certo punto, trascorsa una mezz'ora, riconobbi a distanza la cupola di rame della chiesa Mausoleo del cimitero; questo significava che eravamo giunti nei paraggi di Rivabella.

Sul lato mare, dal punto in cui ci trovavamo, a ridosso dei grandi fortini tedeschi, c'era un accampamento militare con un'infinità di tende, camion e cingolati; più a sud - est cominciavano le abitazioni, ci dirigemmo verso di esse. Vidi la mia casetta ancora in piedi. Nell'orto due grossi platani erano stati abbattuti e l'erba era alta. Entrai, oltre la porta era un disastro: proiettili di armi leggere in quantità. Fuori ogni via era praticamente lastricata da proiettili d'artiglieria.

Al ritorno passammo accanto all'attendamento alleato a ridosso delle grandi fortificazioni tedesche. Restammo impressionati da quanti soldati si vedevano e dai diversi soggetti: c'erano indiani con turbante, neri (i primi uomini di colore che vedevo in vita mia), e dal continuo avvicendamento di mezzi corazzati e camion che andavano e venivano.

Della nostra passeggiata non facemmo parola perché altrimenti non ce la saremmo cavata con una semplice sgridata. Guarda caso, il giorno dopo mio padre andò a controllare se la nostra casetta a Rivabella esisteva ancora. Ritornò contento di informarci di ciò. Dopo alcuni giorni, caricato quel poco che avevamo su un barroccino prestatoci da un conoscente, potemmo ritornare in quello che era stato il nostro nido di periferia. Per noi, al di qua del fronte che avanzava verso nord, la pace era tornata.

Anche se la casa era in precarie condizioni dovevamo ringraziare il cielo di avere ritrovato un tetto sulla testa. Eravamo stati fortunati: una piccola bomba, uno sperone incendiario era caduta a non più di dieci metri dalla casa. Se fosse stata una bomba di maggior dimensione avremmo trovato solo un grande cratere e un cumulo di macerie. Certo che senza mobilio e suppellettili sarebbe stata dura, ma si doveva comunque andare avanti. L'importante era che finalmente eravamo rientrati nella nostra casa, nella nostra Rivabella.
Fortunati più di una volta, in quanto molte casette erano state abbattute dai carri armati dell'esercito alleato, per recuperare legname da ardere nelle cucine del campo.

Benito Colonna