IL TEATRO DI MASSA

In questo suo scritto Franco Fontemaggi, classe 1930, che trascorse gli anni della sua giovinezza nel sobborgo cittadino della Castellaccia, rievoca aneddoti legati alla sua militanza politica.

Sul finire degli anni quaranta ci azzardammo a metter piede su un palco; eravamo all'incirca centoventi al teatro Novelli per dare vita a una rappresentazione teatrale dal titolo: Vita e opere di Antonio Gramsci. La tecnica usata era quella del teatro di massa, il copione era scritto da Masini di Cattolica, la messa in scena e la regia era affidata a Glauco Cosmi, i vetrini per le lanterne magiche erano opera del pittore Cappelli di Bologna.

La scena di massa, come la riunione di sezione oppure l'occupazione della FIAT a Torino nel '21, si svolgevano davanti ai trasparenti (tre grossi schermi di 5 mq l'uno): a luci accese per la riunione di sezione con gli operai che intervenivano in maniera concitata, mentre invece l'occupazione della fabbrica si svolgeva di notte con gli operai coricati davanti agli schermi sui quali apparivano in trasparenza i cancelli della FIAT disegnati sui vetrini e proiettati dalle lanterne magiche.

Un operaio mormorava al suo compagno: Mario, è vero che anche noi un giorno saremo sui libri di storia? Mario rispondeva: Sì, anche noi saremo sui libri di storia. Poi un altro operaio li invitava al silenzio. Una scena patetica che mi restò impressa fu quella della madre di Gramsci, dietro i trasparenti in ombre cinesi, che parlava di suo figlio: Un figlio come tanti altri mentre sugli schermi appariva il brullo paesaggio sardo, con sottofondo la superba musica di Musorgskij, la Khovanshchina.

Altre scene si susseguivano: il Congresso Grindelwald durante il quale Gramsci parlava dell'esperienza dei Consigli di Fabbrica. Tre operai dopo la riunione commentavano le cose dette da Gramsci, uno esclamava: Sembra una parabola il suo discorso. Un'altra scena riproduceva momenti di vita di soldati in trincea durante la prima guerra mondiale (nota era la posizione di Gramsci al riguardo), un coro intonava una canzone: La donzelletta in mezzo ai fior / va cercando la ginestra / la vuol donar al suo alpin / gli vuol donar, l'amor suo col fior.

Negli ultimi quadri, sui trasparenti, una cella di prigione: Gramsci rifiutava di firmare la domanda di grazia a Mussolini perché ciò avrebbe significato la rinuncia alle proprie idee. Poi l'infermiera della prigione (con sottofondo Una notte sul Montecalvo), dove Gramsci muore, chiudeva il racconto epico suscitando negli spettatori uno stato di commossa partecipazione.

Franco Fontemaggi