Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, già Capo Stazione Superiore, attingendo dai suoi innumerevoli giovanili ricordi, ci descrive come si presentava l'attuale via cittadina Lagomaggio nei suoi anni verdi.
Il nome di via Lagomaggio, detta anche via degli ortolani, probabilmente deriva dai continui allagamenti e chiane. Nei secoli passati questa parte di agro riminese veniva coperta spesso da acque discendenti dalle vicine colline, che tracimavano generando pozze e laghetti, particolarmente a primavera, nei mesi di aprile e maggio, quando la caduta della pioggia è più frequente e intensa come da proverbio: Aprile ogni giorno è un barile.
Il terreno, inzuppato di acqua, con la frescura e il calore favoriva la fertilità con abbondante produzione di ortaggi e l'insediamento di numerosi coltivatori. Per concimare usavano il letame organico degli animali che allevavano e quello che prelevavano dalle fosse biologiche delle case, liquami naturali che olezzavano l'aria. Per irrigare utilizzavano il zurlo, una specie di badile modificato a forma di padella che serviva a spargere l'acqua sui campi seminati, prelevata da una buca riempita mediante una manica di tela impermeabile.
Per proteggere i giovani germogli e le primizie, seminate quando la stagione era ancora rigida, usavano al parieni, siepi mobili di piante erbacee a fusto e canne palustri poste a mezzogiorno per assorbire i primi tepori del sole, mentre le piantine in campo aperto venivano coperte e protette da vasi da notte di latta smaltata in disuso e da barattoli vari quasi arrugginiti, per evitare che la brina e il freddo le bruciassero.
A quel tempo era sufficiente fare un buco nel suolo profondo 30 cm per vedere l'acqua affiorare. Esistevano anche sorgenti naturali che gli ortolani utilizzavano per lavare le verdure; in una di queste, il getto dell'acqua sgorgante era coperto da un cappuccio di latta con un tubo in alto che raccoglieva il metano che ne fuoriusciva insieme, e raccordato a una vicina rola per cuocere le vivande. La fiamma restava permanentemente accesa. In seguito al prelevamento meccanizzato, la falda dell'acqua nel sottosuolo si è sempre più abbassata.
Virginio Cupioli