RICORDI DEL BORGO MARINA

Ariodante Schiavoncini (1922 - 2013), ex partigiano, figura di rilievo della politica riminese, ha lasciato memorie delle sua vita che ripercorrono, in questo caso, periodi della sua fanciullezza. Una testimonianza degli usi e costumi di quel tempo andato.

Nei primi mesi del 1929 la mia famiglia traslocò da via Clodia a via Mameli, una stradina chiusa dietro l'albergo Del Sole, in fondo a Corso Umberto Primo (oggi Giovanni XXIII). Era un appartamento posto su due piani, più grande della casa precedente, umido e sempre in ombra, che era stato lesionato dai bombardamenti della prima guerra mondiale. Topi e scarafaggi la facevano da padroni.

Quello stesso anno iniziai a frequentare la scuola, conosciuti nuovi amici giocavo in zone diverse, anche se vicine alle precedenti. Non più il giardino Ferrari ma i rigogliosi cespugli vicino al muro che isolava i binari del viale della Stazione, dove si andava anche a disturbare le coppiette che si appartavano, chiedendo due soldi per lasciarle in pace. Era per noi un divertimento che diventava pericoloso quando l'uomo si arrabbiava e ci inseguiva infuriato.

La nostra palestra era la larga scalinata del cavalcavia in ferro che congiungeva Corso Umberto I a viale Principe Amedeo. Vicino dove oggi si trova il sottopassaggio pedonale. Correvamo avanti e indietro per ore sopra quegli scalini per prendere il fumo che usciva dalle ciminiere delle locomotive quando transitavano sotto il ponte. A sinistra della scalinata, che si affacciava sul viale Principe Amedeo, c'era una rinomata gelateria. Coi compagni la domenica pomeriggio si sostava sui gradini, nella parte alta e panoramica, del cavalcavia per osservare i clienti che consumavano i gelati seduti ai tavolini.

Un pomeriggio, per spavalderia, scommisi con gli amici che mi sarei fatto pagare un gelato da una signora accompagnata da due bambini, seduti al tavolino. Mi avvicinai e chiesi con fare umile se mi offriva un gelato. Avevo fatto male i miei calcoli: lei si mise a gridare chiamando i camerieri perché mi scacciassero. Vista la mala parata fuggii per raggiungere alla scalinata gli amici sghignazzanti.

Nel pomeriggio dei giorni feriali si andava, per qualche ora, a giocare nel cortile della Chiesa di San Nicolò. Dal parroco la presenza era premiata con un bollino, se si andava anche alla messa se ne riceveva uno dal valore superiore. Ogni fine settimana, secondo il valore dei bollini accumulati, si veniva premiati con pennini, gomme da cancellare o quaderni.

Ariodante Schiavoncini