Nel 1968 a Classe, una frazione di Ravenna, erano presenti tre bar, frequentati da giovani e anziani del paese. Un'estate si pensò di organizzare un torneo di calcio, coinvolgendo tutto il paese. I partecipanti delle squadre iscritte dovevano essere esclusivamente frequentatori di ognuno dei bar. Anche quello di mia abituale presenza, il Bar Bruna, si organizzò per preparare al meglio la squadra. Io in quel periodo ero molto impegnato con mio padre a costruire l'ampliamento della casa dove abitavamo e quindi non avevo dato la mia disponibilità.
Alcuni giorni prima dell'inizio del torneo, la squadra del mio bar, non avendo ancora trovato, tra i giocatori da arruolare, un portiere si rivolse a me supplicandomi di farne parte. La sera stessa gli organizzatori mi invitarono al campo sportivo per un provino, per assicurarsi della mia predisposizione a rivestire tale compito. Non avevo mai svolto il ruolo di portiere nelle squadre in cui avevo giocato, ma ugualmente superai la prova.
Il campo di calcio era a circa 5 chilometri dal paese in località denominata Bosca, urbanizzata nel 1954 dall'Ente Delta Padano. L'Ente, oltre a costruire il campo sportivo con un attiguo edificio polifunzionale completo di spogliatoio, aveva con un intervento edilizio fatto costruire diversi edifici colonici con annesse stalle, assegnate poi ai contadini per coltivare le terre e accudire al bestiame.
La prima partita inaugurale cui parteciparono le altre due squadre era finita male; infatti, al momento dell'assegnazione di un rigore, i giocatori della squadra danneggiata da questa decisione, per loro considerata ingiusta, avevano minacciato l'arbitro e questo sentendosi in pericolo aveva sospeso la partita. L'arbitro in seguito aveva assegnato a tavolino la vittoria all'altra squadra.
Alla seconda partita la mia squadra debuttò contro una che aveva già perso quella in precedenza disputata. La partita era molto tesa e nervosa ma equilibrata, in parità sullo a zero a zero, quando, a pochi minuti dalla fine, per un rimbalzo anomalo derivato dal terreno non perfetto, la palla colpì la mano del mio terzino che si trovava dentro l'area di gioco della porta.
Mi resi conto subito della gravità dell'accaduto, d'istinto guardai l'arbitro che già stava fischiando il fallo decretando così il rigore. Ci fu poi un'animata discussione tra due giocatori della squadra avversaria perché entrambi volevano tirare il rigore, che se realizzato avrebbe dato la vittoria. Il capitano della mia squadra mi si avvicinò e mi consigliò di gettarmi dal lato della porta dove mi sentivo più sicuro, io eseguii il suo consiglio e lasciai più spazio nel lato, dove mi sarei buttato.
Il giocatore incaricato del rigore, prese una lunga rincorsa ma quando giunse all'altezza del suo compagno rimasto escluso, quest'ultimo allungò leggermente un piede facendogli così perdere il passo nonostante ciò continuò lo stesso la corsa e tirò. Un attimo dopo sentii i miei compagni urlare di gioia, io ero steso a terra ma non avevo il pallone, mi resi conto solo un attimo dopo che il pallone era rimasto incastrato sotto il mio corpo perché il tiro era stato tirato centralmente. Questo punto guadagnato insieme alle vittorie successive contribuì a farci vincere il torneo.
A fine estate il circolo calcio, diretto dal barbiere del paese, decise di iscrivere una squadra di ragazzi al torneo provinciale. Io fui inserito fra questi giocatori come portiere titolare, questo grazie alla famosa parata di qualche settimana prima. Alla fine del torneo ci si piazzò secondi, ma l'anno successivo riprovammo occupando, quella volta, con gioia la prima posizione.
Marino Masini