IL GARZONE

Vincenzo Santolini, ex partigiano, deceduto nel 2020 a Coriano dove è stato per anni assessore e vicesindaco, nelle sue tante pubblicazioni così si presentava: "La mia vita è sempre stata improntata all'impegno sociale". In questo racconto si sofferma su un mestiere in uso nell'anteguerra.

Il giorno 25 marzo di ogni anno, giorno della Festa della Madonna, a Rimini, presso la Parrocchia della Colonnella, si svolgeva la tradizionale fiera dei Garzoni, la Fira di Garzun, durante la quale, tra bancarelle, giostre e musiche, si contrattava l'arruolamento dei garzoni. Per l'occasione da tutta la Romagna, e non solo, arrivavano gli agrari. ll contratto valeva di solito per un anno (annata).

Gli agrari sceglievano, fra i tanti giovani che si presentavano, quelli più robusti, sani e, requisito ottimale, che avessero i calli nelle mani, prova che già avevano lavorato, meglio poi se erano giovanissimi; questi di solito erano figli dei casanol, cioè quei lavoratori delle campagne che non possedevano terreni (braccianti) o figli di piccoli mezzadri.

Venivano portati a lavorare per lo più nella zona del ravennate, ferrarese, cesenate e forlivese e dopo aver stipulato il contratto il padrone pretendeva dal garzone che gli si rivolgesse sempre in modo reverenziale, chiamandolo signor padrone. Il lavoro in campagna era duro, a volte umiliante, con poche soste; in alcuni casi qualcuno veniva trattato bene, ma in generale erano considerati dei veri e propri servi, sfruttati e malpagati. I garzoni erano privi di ogni diritto civile, politico e sindacale.

Nel dopoguerra con i sindacati tutto questo è cambiato e anche la fiera dei garzoni è scomparsa.

Vincenzo Santolini