IL FIOCINATORE

Buongiorno a tutti gli abbonati del cassetto dei ricordi. Oggi 29 marzo è una bella giornata di sole, ci troveremo tutti al porto a passeggiare, anzi no, non si può. Peccato! Siccome per i riminesi doc andare al porto è quasi un obbligo quotidiano, vi racconto una che lo riguarda. Vi racconterò di Omero. Chi Omero, Omero? No, solo Omero!

Mio babbo mi portava fin da piccolo a prendere aria. Mi faceva salire sul cannone della bicicletta e via di buona lena. Arrivati al porto, il babbo incontrava gli amici e parlava con loro di calcio, di donne, di avvenimenti cittadini. Il porto è stato per lungo tempo l'agorà dei riminesi, ora non più, ci manca. Lì si dava aria al cervello, raccontando storielle di vario tipo. Ad un certo punto del pomeriggio il brusio sale e tutti si girano verso l'inizio del molo. Arriva Omero, arriva Omero. Avanza, tra capannelli di persone, un uomo grande, riccio e nero di capelli, abbronzato, spettinato. Ha la faccia larga, volitiva, gambe muscolose, braccia ancor di più. È un bell'uomo.

Essendo estate, indossa solo un pantaloncino corto e floscio e una canotta bianca. Con la mano sinistra porta un secchio e una matassina di corda, con la mano destra stringe un tridente, come quello dei gladiatori al cinema, ma più rustico, perché fatto in casa. Vi assicuro che poteva ricordare il dio del mare: Nettuno. Certo ridotto male, ma con lo stesso cipiglio. Fende la folla con incedere ieratico fino a circa metà del molo e, posato il secchio, armeggia con la cordicella immergendo le mani nel secchio stesso. Dopo un po' ne estrae un grande pesce legato per le branchie, lo cala in mare e gira il tridente con le punte rivolte verso la superficie del mare.

La mia curiosità è alle stelle, chiedo al babbo chi è quell'uomo così strano. Che cosa sta facendo? È un fiocinatore di cefali con richiamo. Ha legato una femmina di cefalo e l'ha immersa affinché riesca a richiamare l'attenzione di qualche maschio che gira nelle vicinanze. Il maschio si avvicina curioso, Omero tira la cordicella e si prepara al lancio del tridente che, previdentemente, ha legato al polso per recuperarlo successivamente

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I riminesi, che hanno fatto capannello intorno alla scena, trattengono il fiato. Qualcuno comincia a vedere ombre che si muovono furtive nell'acqua, si avvicinano, sono dei maschi che hanno sentito la presenza della femmina. Non si rendono conto della trappola. Omero con un breve verso invita gli astanti a tacere e a non muoversi per non spaventare le prede, passano i secondi, ce la farà? domandano con gli occhi i presenti. È un attimo, il braccio muscoloso di Omero lancia il tridente, deve essere preciso per non colpire anche la sua femmina, i riminesi applaudono per liberarsi dalla tensione che si era creata. Omero tira su la corda per recuperare il tridente, l'acqua del mare si colora di rosso, è il sangue della preda colpita.

Il tridente sale con un bel esemplare di cefalo arpionato, il pesce si dimena, ma non ha più la possibilità di scappare, due denti acuminati l'hanno trafitto. Omero alza il tridente con la preda e lo mostra ai riminesi raccolti attorno a lui. Parte un altro applauso: ci fort Omero, ci fort. Gocce di sangue gocciolano sulla canotta di Omero. A fine caccia se ne andrà, con il secchio pieno di cefali e tutto macchiato di sangue dei pesci, ricordando ancor di più una figura al di fuori del tempo.

Monta se canon c'andem a chesa, u se fat nota. Mio babbo si chiamava Corrado.

Gianni Porcellini