ETR 250 ARLECCHINO

L'ETR 300 Settebello, prima dell'introduzione del pendolino (ETR 450), era considerato il mezzo di punta delle FS. Fu progettato e costruito in Italia dalla Società Ernesto Breda. Consegnato alle FS nel 1952, rimase in servizio fino al 1992. Era composto da sette elementi con due cabine di guida. Ne furono costruiti solo tre convogli. Ovviamente, veniva utilizzato esclusivamente per treni rapidi. Si pensò poi di ordinare, sempre alla Breda, un convoglio ridotto, ma con le stesse caratteristiche, stessa carrozzeria, stesso frontale e stesso colore: l'ETR 250 Arlecchino. L'intero convoglio era formato da complessivi 4 elementi. Ne furono costruiti 4 esemplari (ETR 251-52-53-54). La sua inaugurazione avvenne per le Olimpiadi di Roma del 1960 e il primo viaggio fu da Bologna a Venezia. Fu il simbolo del benessere e della ripresa economica. Oggi l'unico rimasto, ovviamente ristrutturato, è il 252.

Ho fatto questa premessa per raccontare il rapporto che io ho avuto con l'Arlecchino. Il deposito Locomotive di Rimini, fino a qualche anno fa, era un impianto medio piccolo (poco più di duecento macchinisti, otto capi deposito e alcune macchine assegnate TE e TD), con un solo capo deposito istruttore di pianta che, dalla seconda metà degli anni Ottanta alla prima degli anni Novanta, ero io. Dipendevo ovviamente, oltre che dal titolare dell'impianto, anche dal capo degli istruttori del compartimento, con sede a Bologna C.le. I turni del p.d.m comprendevano TE, Ale, Aln e con un locomotore elettro-diesel di riserva. Non vi erano turni comprendenti gli ETR, quindi nessun macchinista abilitato. Nemmeno io conoscevo la macchina.

Verso gli anni 87/88 un'azienda riminese pensò di noleggiare un ETR 250 Arlecchino, munito di bar, per trasportare di notte, nei periodi estivi, i clienti diretti alle discoteche. Il servizio si sarebbe svolto tipo navetta, da Ravenna a Cattolica e viceversa. Come si sa, la tratta comprende Cervia, Cesenatico, Rimini e Riccione, sedi di famose discoteche. I gruppi ETR 300 Settebello e ETR 250 Arlecchino erano in dotazione al DL di Milano C.le e in quel periodo venivano utilizzati per questo tipo di servizi straordinari, in quanto per i turni venivano utilizzati mezzi più moderni. Per questo motivo pochi macchinisti erano abilitati al mezzo e, principalmente, con sede a Milano.

Per soddisfare la richiesta a noi rivolta occorreva abilitare alcuni macchinisti disponibili, appartenenti al nostro impianto. Mi si chiese se ero disponibile a farlo. Non conoscendo la macchina, ebbi qualche dubbio, ma accettai. Avrei però dovuto conoscerla a fondo prima di abilitare gli altri. Per prima cosa mi recai in archivio al SMT a Firenze per chiedere libri e schemi, ma mi risposero che non ne erano più in possesso. Cominciamo bene, pensai. Chiesi di procurarmi almeno gli schemi di trazione, comando, ausiliari e condizionamento. Mi fecero tornare e me li procurarono. Mi misi a studiare gli schemi, senza vedere la macchina in sosta a Milano.

Data l'enorme complessità, soprattutto del circuito di comando, preparai per i miei macchinisti un libretto con dei circuiti semplificati, senza firmarlo. Presi poi accordi con il titolare di Mi. C.le per recarmi a prelevare il gruppo (appunto il 252) e, motivando la mia non conoscenza del mezzo, chiesi di farmi trovare un capo deposito istruttore, pratico del mezzo stesso e di ciò ebbi assicurazione. Partimmo io e un capo tecnico della nostra officina (per il ritorno, essendo egli abilitato al viaggio, avrebbe avuto la funzione da A.M). Giunti a Milano, non vi era alcun capo deposito istruttore ad aspettarci (andiamo di bene in meglio, pensai).

Dopo le mie rimostranze, il titolare mi assicurò la presenza di un macchinista abilitato che dopo un po' arrivò. Per prima cosa gli chiedemmo il giro delle chiavi per aprire le carenature e renderci così un po' conto dell'ubicazione delle varie apparecchiature. La sua risposta fu: Sono abilitato, ma non ricordo nulla. A mio parere, non era neanche abilitato (ora andiamo proprio bene, pensai ancora). Io e il capo tecnico, decidemmo di fare da soli, riuscimmo a partire e arrivare regolarmente a Rimini. Ebbi poi il tempo di conoscere la macchina a fondo in modo da poter abilitare i macchinisti. Un'ultima ciliegina: Di quel librettino che preparai, ne diedi una copia a ciascun macchinista abilitato e ne misi una nel cassettino di entrambe le cabine di guida.

Finita l'estate con servizio regolare, riportammo il gruppo a Milano e i due libretti rimasero sulla macchina. L'anno successivo, il treno si rifece, con lo stesso gruppo. Nei cassetti vi era il mio libretto senza alcuna modifica e con una nuova copertina sulla quale era scritto: A cura del Deposito Locomotive di Milano Greco. Conclusione: Arrangiati se puoi, non fidarti mai e firma i libretti tuoi.

P.S. Quel treno lo chiamarono Treno Azzurro e si effettuò per tre o quattro estati (non ricordo esattamente), consecutive.

Filippo Vannini