Zeno Zaffagnini (1932-1919), Sindaco di Rimini dal 1978 al 1983. Nativo di Imola si trasferì a Rimini nel 1952, era allora funzionario del partito comunista. Ha lasciato di quegli anni cinquanta, suoi ricordi e impressioni sulla vita cittadina.
Venni a Rimini alla fine del 1952, dovevo fermarmi tre-quattro mesi, invece finii per viverci stabilmente. Quando arrivai, la guerra era finita da pochi anni e le tracce della distruzione erano ancora evidenti. Rimini era stata al centro di cruente battaglie, il fronte vi si era attestato e i bombardamenti di terra, mare e cielo l'avevano distrutta per l'80%. È veramente impressionante sfogliare i libri in cui appare Rimini distrutta, ridotta a cumolo di macerie.
La città mi è apparsa immediatamente diversa da Imola. Essendo arrivato in autunno, ciò che mi colpì fu la divisione fra il centro e la marina, all'epoca una vera scissione in due della città. In centro la vita era pulsante, al mare il deserto. Mi hanno impressionato i monumenti di assoluto valore, in contrasto con l'edilizia abitativa tutto sommato modesta, scarsi i palazzi patrizi, forse a causa delle distruzioni belliche, ma la situazione era anche lo specchio e l'eredità di una società basata su un'agricoltura arretrata e povera e su una pesca che produceva modesti redditi.
Il centro di Rimini aveva sue caratteristiche particolari: i caffè e i bar, ad esempio, avevano ognuno una loro peculiarità. C'era il Bar Commercio, il Caffè Cavour e il Caffè Forcellini che erano frequentati da commercianti e affaristi; al Bar Vecchi, il più antico e rinomato per la sua pasticceria, si davano convegno una certa borghesia della professione e alcuni intellettuali; da Raul, invece, si incontravano prevalentemente gli intellettuali di sinistra.
Il proprietario di questo locale era un personaggio caratteristico, felliniano direi, di provata fede socialdemocratica. Vestiva con eleganza sfacciata e nel manifesto che ne annunciava la morte, da lui stesso preparato, era scritto: Raul è morto e vi saluta!. In centro, prospiciente piazza Cavour, vi erano i mercati del pesce, all'ingrosso e al minuto, particolarmente vivaci e rumorosi, gioiosi e animati; nella vicina piazzetta delle poveracce alcune vecchine vendevano vongole, telline, lumachine di mare e altri mitili: oggi queste figure rimangono come eredità di un bel tempo antico, suscitando tenerezza, affetto, simpatia.
C'era tutto un mondo propaggine naturale della marineria riminese, superato dall'evolversi dei tempi, ma che piace ricordare con una certa nostalgia. Altre peculiarità cittadine erano i borghi, ognuno dei quali aveva caratteristiche proprie: il Borgo San Giuliano, a nord, oltre il ponte di Tiberio, era anarchico e comunista al tempo stesso, felliniano per i tanti personaggi che lo popolavano, la cui scomparsa ha determinato in parte la perdita delle originarie caratteristiche del luogo. Oggi le tipiche casette di gente marinara sono state acquistate da persone che hanno fatto del vivere lì uno status symbol e del borgo un salotto. Nonostante tutto resta comunque affascinante ed è sempre attraente la festa che ne rinnova le tradizioni.
Il Borgo Sant'Andrea, laico e repubblicano, aveva una sua funzione, perché era l'ingresso in città dalla campagna e ospitava il foro boario, che faceva del luogo il ritrovo per tutti commercianti di bestiame e i contadini: con le botteghe di granaglie e le osterie era pieno di vita. Nel tempo c'è stato un appiattimento, il luogo è diventato abbastanza anonimo. Solo gli anni recenti con l'organizzazione della festa del borgo in concomitanza a quella di San Gaudenzio, patrono di Rimini, vi è stato un certo risveglio, evidenziato anche dal recupero di vecchie case e antiche strutture.
Infine il borgo San Giovanni, di tradizione cattolica, i vecchi dicevano clericale, si trova a sud della città, oltre all'Arco d'Augusto, nel tratto terminale della via Flaminia. Mostra un'edilizia molto bella, purtroppo rovinata da alcune costruzioni moderne che sono come un pugno nell'occhio. Anche questo borgo è abbastanza sonnolento, rianimato da una bella festa che viene organizzata dalla parrocchia in onore alla sua tradizione cattolica.
Motivo di sorpresa è stato il grande numero di circoli e di case del popolo, nelle quali forte era la spinta alla socializzazione e intensa la vita politica. Di grande impatto erano per Carnevale, i veglioni rossi: se ne svolgevano molti e su tutti dominava quello di Cattolica, un vero avvenimento che raccoglieva migliaia di persone. Si teneva nei capannoni dell'Arrigoni, famosa azienda di prodotti alimentari conservati, per concessione del proprietario, grande capitalista e leale militante del PCI.
Zeno Zaffagnini