SICILIA: PRIMO SBARCO DI CLANDESTINI

Il primo viaggio per la Sicilia enigmatica, parte dal porto di Marsala, un luogo ovale e azzurro, incastonato nella pietra chiara, in cui l'11 maggio del 1860 entrarono in porto due piroscafi. Il Piemonte, comandato da Garibaldi, e il Lombardo, comandato da Bixio che andava in secca. Sono passati 160 anni e Marsala che si vede dal molo è la stessa che vedeva Francesco Nullo e i volontari padani arrivati fin qui dalle marcite acque del nord: un ruotare di case, di cupole, di campanili maiolicati che salgono dal viluppo mediterraneo dei palmizi, dei cactus, degli oleandri, dei fichi d'india, dietro i quali si stendono vigneti bassi e fitti.

C'era da fare l'Italia e c'era il miraggio delle terre meridionali, del paradiso terrestre immaginato dal romanticismo padano; acque tiepide, terre fertili ecc. Ma appena fuori marsala capirono subito che non era così, erano arrivati in una terra ostica e dura, forse il primo a capirlo fu proprio lui, il Generale, appena sceso sul molo, quando il notaio Fuci si fece largo fra la gente e gli gridava: Garibaldi tu sei la nostra luce, il nostro ideale, noi sempre ti seguiremo. ah si rispose Garibaldi, Perché non vieni con noi a Calatafimi? - ci verrei, Generale ci verrei, ma non tengo genio per le battaglie..

Terminata la battaglia a Calatafimi, il Generale, si era messo a mangiare un boccone con le spalle poggiato a muretto e i giovani del paese gli stavano addosso per baciargli le mani: Volete baciare le mani a uno che mangia e beve come voi? Ma guarda che guasti hanno fatto questi preti! No, non solo ai preti, le mani i giovani della Sicilia le avevano baciate ai Principi, ai Duchi, ai gabellotti, ai massari e ora ai nuovi padroni. È lì, a Calatafimi, che sono cominciati i 160 anni di equivoci e di inganni, la storia sacra che ha impedito agli italiani di conoscere le loro diversità.

Quell'eroe biondo sapeva niente della Sicilia lui e i suoi mille, erano convinti di trovarci l'esercito. Non sapevano che i siciliani, dai vespri al loro sbarco non avevano mai combattuto per uno stato, che non c'era milizia popolare, ma solo bravacci in armi al servizio del potente di turno. La cultura popolare del popolo era: Megghiu porcu ca surdato.

Il Re Borbonico sapeva, e quindi: non ci faceva leva. Il biondo eroe, scambiò le squadre di contadini di La Masa per patrioti, così sui libri di scuola ne parlarono e parlarono e ne parleranno ancora. Erano gli armati della mafia e dei signori, gli stessi che 10 anni dopo l'Unità avrebbero acceso le prime rivolte contro lo stato.

Cosa ne potevano capire i siciliani di quei garibaldini che arrivavano come liberatori della plebe contadina e poi fucilavano a Bronte i contadini insorti contro la Ducea di Nelson, l'Ammiraglio che aveva fatto impiccare Caracciolo per la rivolta democratica napoletana? Cosa potevano capire di una lontana Monarchia Piemontese che si comprava i Generali Borbonici come Pianel, che si arrese a Palermo con i suoi ventimila uomini e lo ritroviamo a Custoza nello stato maggiore Savoiardo.

Sono passati 160 anni e la Sicilia è sempre ostica e dura, il mare blu e le montagne solitarie e dirupate che mutano di colore al passare di una nuvola al soffiar del vento.

Pompilio Parzanese