COME VEDO UNA CITTÀ

Accade ancor oggi a un immigrato dal Sud ciò che 200 anni fa annotò stupito quel viaggiatore sceso dal Nord: Strade e fiumi, liberati dalla strettoia della valle, raggiungono una piana simile a un giardino, fra montagne maestose.

Ecco Bolzano all'imbrunire: ti viene incontro con la sua conca circondata dal verde che il tramonto rende sempre più profondo, mentre le Dolomiti sfumano rapidamente verso un rosso fuoco, una immensa scultura con brillanti di neve. La città di Bolzano, capoluogo dell'Alto Adige con oltre 100.000 abitanti, a 262 metri s.l.m., conta tre gruppi linguistici, così grosso modo ripartiti: 70% italiani, 30% tedeschi, ormai insignificanti i Ladini.

Si va verso la città antica lungo vie sempre più strette, fra portici, finestre a sporto, cornici rinascimentali, facciate affrescate e insegne in ferro battuto. Una sensazione mai provata: i tratti sono tipicamente nordici, ma fra i vicoli avverti una brezza mediterranea. C'è una grande chiesa col tetto ripidissimo di tegole verdi e un campanile che pare un ricamo di pietra: è il Duomo gotico. Pochi passi ed ecco il chiostro dei Domenicani, gotico anch'esso, ma con affreschi giotteschi: Nord e Sud sono sempre a contatto.

C'è un aroma nell'aria che ti prende la mano e ti guida fra porticati, caffè, negozi e antiche botteghe: è profumo di forno, di pasticceria e di pane in oltre cento forme e impasti; si passa fra vetrine con tessuti ricamati e mantelli Loden, artigianato artistico e moderno design. Quando battono le dodici, ti sfiora quasi il profumo proveniente dai ristoranti dove ancora una volta due tradizioni si incrociano: cucina tirolese e piatti mediterranei.

All'improvviso, girato l'angolo di una vecchia via, degli Argentieri o dei Portici, ci si trova in mezzo a un giardino: Piazza delle Erbe, regno incontrastato di prodotti mediterranei; I grandi cesti di frutta colpirono anche la fantasia di Goethe. Ma, fatti pochi passi ancora, ecco la città svanire. Ci si trova d'incanto ai piedi di una promenade, passeggiata sulla Gungina o Sant'Osvaldo: cipressi, palme, tetti di tamerici e cascate di glicini. In pochi metri si respira l'atmosfera di una località sul mare. Si ridiscende la città e ci si accomoda nella piazza-salotto, dimora secolare di Walter Van der Vogelweide, poeta tedesco del 1200.

Il grande cantore domina impassibile la sua piazza dove, da primavera ad autunno inoltrato, si incrociano i cultori del drink e i ragazzi del gelato; conversano i nostalgici del caffè viennese e siedono i palati fini dei ristoranti all'aperto, sfiorati dalla musica in quartetto classico o a ritmo di blues, gli ottoni per un Danubio blu o una chitarra per un folk. L'aria è limpida e i contorni netti, lo sguardo si allarga sulla conca costellata di castelli.

Pompilio Parzanese