Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, già Capo Stazione Superiore, in questo suo scritto ci racconta di un giorno, il 10 giugno 1940, nefasto alle sorti della Nazione: l'annuncio dell'entrata in guerra.
E venne il fatidico giorno: vari annunci informavano la popolazione che il Duce avrebbe parlato alla radio, nelle piazze furono approntati gli altoparlanti e molti cittadini si disposero all'ascolto perché pochi erano coloro che possedevano una radio in casa. Il presagio della guerra era palpabile, da anni veniva annunciata dagli atti e dal comportamento delle Autorità ufficiali. Il presentatore esordì annunciando il dittatore con: Saluto al Duce! Seguì un'ovazione interminabile al grido: Duce! Duce! Duce! che sommerse tutte le piazze d'Italia.
Ricordo che oltre alla dichiarazione di guerra disse: Italiani, un'ora solenne nella storia della patria sta per scoccare, l'ora delle decisioni irrevocabili è giunta e terminava al grido: Italiani, correte alle armi, l'imperativo è uno solo: vincere!. Era il 10 giugno 1940, compivo 14 anni; ero frastornato dalle grida di gioia dei fascisti e anche dalla serietà grave di molti che erano preoccupati poiché avevano congiunti sotto le armi.
Mio padre a casa era serio, aveva fatto due guerre, sapeva di che cosa si trattava, subito si preoccupò del figlio più grande che era in età giusta per ricevere la cartolina precetto. Infatti, dopo qualche giorno, arrivò la chiamata alle armi. Partì e fu inviato a Trieste.
Quell'anno la stagione estiva al mare fu diversa rispetto agli anni precedenti: mancavano gli uomini, la spiaggia era frequentata da donne, bambini e anziani. Per la prima volta alla fonda, davanti a Rimini, mancavano le navi da guerra, che solitamente ogni estate sostavano in crociera estiva e permettevano la visita ai bagnanti che, in barca a vela, le raggiungevano al largo. Fu subito ordinato l'oscuramento notturno e istituita la carta annonaria personale: un etto e mezzo di pane al giorno per ogni cittadino; gli altri generi furono subito contingentati. Era solo l'inizio.
Il pane non era tutto di farina di grano, ma misto con farina di segala, orzo, veccia, mais... era di un colore grigio nero, emetteva un certo odore non proprio gradevole. Ma la fame tutto può.
Virginio Cupioli