PERCORSI ACCIDENTATI

In questo racconto Elio Biagini (1923 - 2007), già ferroviere e sindaco revisore al DLF, rivive ricordi legati alla sua vita studentesca.

Tutti i giorni, due volte al giorno, percorrevo in bicicletta Viserba - Rimini. Nelle scuole industriali si studiava e si lavorava otto ore al giorno. Per andare a Rimini si costeggiava il mare; e sul deviatore del fiume Marecchia non c'era ancora il ponte, perciò si passava sopra una striscia di terra che congiungeva le due sponde. La strada principale che portava a Rimini era via Carlo Zavagli, però le linee ferroviarie per Bologna e Ravenna (non esistevano ancora i ponti in ferro come ora) con i loro passaggi a livello condizionavano il traffico stradale. Sovente si doveva aspettare anche parecchio il passaggio dei treni.

Conoscendo questo disagio avevo, per l'appunto, trovato l'alternativa; invece di percorrere via Zavagli, mi inoltravo verso il porto percorrendo un sentiero molto disagevole fatto di saliscendi: quanti ruzzoloni ho fatto nel percorrere quelle montagne russe! Terminato il sentiero e dopo aver oltrepassato la Barafonda (ora San Giuliano a Mare), ecco apparire il porto di Rimini con tutte le sue belle barche colorate.

Sulla sinistra del porto vi era lo squero dove maestri d'ascia (i galafà) costruivano e riparavano pescherecci e barche da trasporto. Passando si sentiva un odore particolare dovuto all'insieme della stoppa, del catrame e delle vernici: tutti prodotti che servivano alla riparazione delle barche. Proseguendo verso il ponte, sulla destra c'erano la fabbrica di birra e le case dei marinai, sulla sinistra le grosse barche da trasporto attraccate alla banchina. Ricordo ancora il profumo di resina che emanava dal legname stivato sulle barche e queste erano così cariche che le sponde arrivavano a pelo d'acqua. Tutto quel legname veniva dalla Dalmazia e precisamente dalle magnifiche Bocche di Cattaro.

Fra tutte quelle barche, la regina era la stupenda Mamma Rosa: un colosso per quei tempi. Su una di queste barche era imbarcato il babbo di un mio amico che veniva a scuola con me. Il marinaio si assentava da casa anche per molti mesi e quando ritornava regalava al figlio, ormai giovanotto, le sigarette che comprava in Dalmazia a buon prezzo. A scuola c'erano sigarette per tutti e così abbiamo imparato a fumare. Io non sono mai stato un accanito fumatore e ho smesso quando ho saputo dei danni causati dal fumo.

Arrivato sul ponte di ferro ferroviario, caricavo la bici sulle spalle e salendo gli scalini attraversavo la passerella che affiancava i binari e scendevo dalla parte opposta; passavo sotto il ponte di ferro e mi dirigevo verso via Gambalunga. Prima di attraversare via Roma, sulla destra vi era il teatro Politeama che è stato distrutto durante la guerra (ora al suo posto vi è una scuola).

Così pedalando arrivavo alla mia scuola. Ai lati del cortile vi erano diversi ripostigli coperti da lamiere e tanti ganci che servivano ad appendere le nostre bici che regolarmente chiudevamo con lucchetti e catene: la bici era un bene prezioso! Quando suonava la sirena per annunciare che le lezioni stavano per cominciare, tutti ci inquadravamo per classi per recarci chi in aula, chi in aggiustaggio, chi in torneria, chi in falegnameria e chi in fucina.

Alla mezza si tornava a casa per poi ritornare a scuola alle 14.30 per altre quattro ore. Quando d'inverno si rincasava alle 18.30 era molto scomodo e avevamo paura di farci male: da Rimini a Viserba le strade non erano asfaltate e non c'era neanche l'illuminazione; quando pioveva, oltre alla scomodità, non era difficile fare qualche bel ruzzolone.

Elio Biagini