Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, già Capo Stazione Superiore, in questo racconto ricorda la Rimini dell'anteguerra durante la stagione estiva.
Il primo tratto di lungomare costruito in quel periodo si arrestava nella sabbia subito dopo piazza Tripoli e negli stessi anni fu edificata La Rotonda - il Nettuno a fianco della foce dell'Ausa, che tuttora è simbolo della spiaggia riminese, immortalata nelle cartoline. Furono modernizzazioni importanti per il turismo dell'epoca; queste innovazioni diedero pubblicità e impulso alla cosiddetta stagione dei bagni, aumentarono l'affluenza delle persone desiderose di sole e refrigerio marino.
La popolazione locale trovava lavoro presso alberghi e pensioni, le donne come cuoche e cameriere, gli uomini come portieri di notte, facchini e tuttofare. Venivano impiegati anche i ragazzi come lift e fattorini, perché i genitori volevano che fossero impegnati, anche con magro compenso, pur di non tenerli in ozio.
I giovani che frequentavano la spiaggia e la marina erano figli della borghesia e di benestanti che non avevano problemi economici. Questi fortunati figli di papà, oltre a vari altri sports, in parte praticavano il gioco del tennis sui campi siti a ridosso della litoranea nella zona di viale Pascoli, ove si allenavano anche i campioni nazionali Cucinelli e Marcello del Bello. Altri appassionati del mare, oltre a bighellonare e corteggiare le leggiadre ondine, si dilettavano a raggiungere i trampolini posti a circa 250 metri dalla riva e a esibirsi con tuffi vari dalle due altezze.
Le sponde del porticciolo dell'Ausa erano entrambe protette da assiti per impedire lo scivolamento della sabbia nell'alveo, in cui scorreva acqua dolce pulita non inquinata e percorsa da branchi di pesciolini. Qui ormeggiavano i vari tipi di natanti e molti erano i giovani che si dilettavano a navigare a vela. Sull'arenile scherzavano in gruppo con ragazze e turiste, flirtavano comportandosi da precursori dei vitelloni anni '70, avevano nomi alla moda: Lello, Danilo, Gastone, Mimmo e Bibi, portavano capigliature lisce lunghe, curate e fissate con retine alla testa durante la notte.
Il mattino e la sera frequentavano il rinomato caffè Zanarini, elegantissimo, alla moda, sito nello stesso luogo ove ora si trova il Caffè delle Rose, e l'eccellente e celebre gelateria Pimpi sita davanti all'hotel Villa Rosa. Alla sera partecipavano alle feste e ai balli nelle sale del Kursaal, si esibivano come cicisbei leziosi al cospetto delle dame e damine presenti. Erano dei gagà nel vestire e nei modi. Non mancavano alle manifestazioni liriche che si tenevano nei giardini antistanti il Kursaal e la Fontana dei quattro cavalli vicino al Grand Hotel; insieme al numeroso pubblico ascoltavano celebri romanze cantate da famosi tenori e soprani come Gigli, Pagliuchi, il riminese Parmeggiani e altri non meno noti.
Si esprimevano fra loro in dialetto arguto e verace, si bollavano con soprannomi particolari: Ragosta perché rosso di pelle. Scipulen perché piccolo e panciuto, Pesce sega, Renga, Canocia ... per altre similitudini pungenti. Un altro non faceva mai il bagno se nell'acqua non c'era la preda femminile e quando si decideva, gli amici dalla riva osservavano come avvicinava l'incauta bagnante.
Un irriducibile si appostava ogni sera all'inizio di piazza Tripoli per abbordare le turiste lungo il viale; in un'occasione affiancò una bella donna che, impettita, mostrò indifferenza ai discorsi del giovane che parlava camminando con la bicicletta alla mano, finché arrivarono nei pressi del Caffè Zanarini ove egli sfoderò l'arma segreta dicendo: Lei non mi risponde, però io sono innamorato del suo silenzio!. La turista, vista l'insistente petulanza spiritosa, si sciolse e accettò di bere in sua compagnia, e l'approccio conseguente.
Così la parte plebea e povera della popolazione approfittava della stagione estiva per racimolare attraverso il lavoro qualche soldo per l'inverno, mentre i virgulti dei ceti benestanti si godevano la vita mondana e gaudente. La spiaggia di Rimini fin dagli anni '40, e anche prima, dava l'occasione di praticare il viveurismo ai giovani, emulati poi da coloro che nei primi decenni del dopoguerra saranno chiamati vitelloni.
Virginio Cupioli