IL GIARDINO DI CITTÀ

Ci fu un tempo, in era fascista, nel quale il popolo Italiano a sostegno dello sforzo bellico fu chiamato dal Regime a donare l'oro alla Patria (cioè le fedi nuziali), ma la campagna era indirizzata anche all'acquisizione di metalli meno nobili e preziosi. Fu così che le autorità locali ebbero la bella idea di privare i giardini Ferrari della pregevole recinzione che cingeva tutto il loro perimetro: un elegante e qualificante arredo urbano che chissà perché non fu mai più ripristinato. Il borghigiano della Castellaccia, Franco Fontemaggi, classe 1930, ci ha lasciato un racconto del periodo in questione riferito per l'appunto a quel giardino.

Sul dietro della casa in cui ho abitato, in via Farini, c'era un cortiletto di pochi metri quadri, incastrato fra quattro case, per cui il sole non arrivava che poche ore nei giorni d'estate e il suolo di terra battuta non lasciava crescere che del muschio: era il solo verde... ma noi eravamo ben contenti di averne a Natale per il decoro del Presepio. Il grande verde non era però lontano da casa: il giardino Ferrari era a pochi passi.

Qui trovavo tre grosse conifere (oggi due) sulle quali cercavo di esercitare i miei magri bicipiti, la vaschetta con lo zampillo d'acqua e i pesciolini rossi che cercavo di colpire con dei sassolini, le palme con le foglie a forma di ventaglio e le siepi di alloro sempre verdi e poi c'era l'albero dei pallini, così lo chiamavamo, per quelle sue bacche non più grosse di un pisellino che lanciavamo con una cerbottana, preferibilmente sulle gambe delle bambine.

Tutt'intorno il giardino era recintato da una cancellata (si veda foto qui pubblicata) e un guardiano, a una certa ora della sera, ci avvertiva, facendo tintinnare un campanello, della sua chiusura. Nel 1940 una squadra di operai del Comune, con la fiamma ossidrica, tolse la cancellata: il ferro serviva alla Patria in guerra. Chissà quanti cannoni, quante baionette fecero con quel ferro?

Dopo poco tempo il giardino cambiò aspetto; sparirono le rose, le aiuole di mammole e il prato. Al loro posto spuntò un fiore bianco: era il fiore delle patate e tutto diventò orto di guerra. Fortuna che avevano tolto la cancellata! Di notte, come talpe, rovistavamo in quel campo alla ricerca di qualche tubero.

Franco Fontemaggi