PERSONALE DI MACCHINA

Quando sembrava che l'estate non avesse alcuna intenzione di farsi vedere, eccola finalmente arrivare con una bellissima giornata. Dopo giorni grigi e piovosi il sole regalava una luminosità incredibile, un'aria asciutta e ricca di profumi. Era una domenica mattina che invogliava a uscire di casa, anche solo per una passeggiata, magari in cerca di un piccolo contatto con la natura.

Sembrò questa l'intenzione della giovane donna protagonista di questa storia. Dando la mano al suo bimbo di tre o quattro anni, assorta, un poco assente, come una persona con in testa tanti pensieri, si incamminò verso la vicina campagna tra frutteti, campi coltivati, lungo viottoli con ai margini piccoli fossi colmi d'acqua dopo le recenti piogge. Il piccolo camminava tranquillo, con in mano un pupazzetto di uno di quegli eroi dei cartoni animati.

A distanza di diversi chilometri, Gino e Secondo, seduti uno accanto all'altro, svolgevano il loro servizio: Gino, di una quarantina d'anni, e Secondo, con diversi in più e con la data della pensione imminente. Erano tranquilli, ma vigili, con l'attenzione che il loro compito richiedeva: stavano conducendo un treno straordinario, uno di quelli che si effettuano solo la domenica, affollato da tanta gente in febbrile attesa di giungere nei luoghi di vacanza. Il convoglio attraversava la pianura e il panorama era soprattutto fatto di campi coltivati che rasentavano la sede ferroviaria. Capitava a volte che i contadini al lavoro si avvicinassero troppo e allora ricevevano un fischio di avvertimento da parte dei macchinisti alla guida.

Il treno di Gino e Secondo cominciava ad avvicinarsi all'ennesima stazione quando, ancora lontane, notarono le figure di due persone molto vicine al binario accanto a quello che avrebbe percorso il convoglio. Gino alla guida commentò che forse avevano l'intenzione di attraversare i due binari, cosa che purtroppo accadeva frequentemente. La lontananza era ancora notevole e, visto che la velocità del convoglio non era al massimo, calcolò che, malgrado quella operazione fosse severamente vietata, ci fosse ancora un bel margine di sicurezza. E così fu: le due figure completarono tranquillamente l'attraversamento e si trovarono sul sentiero di servizio parallelo al binario del treno.

Gino seguì le loro mosse e rimase contrariato vedendo che poi non seguivano il viottolo di campagna che si allontanava dalla sede ferroviaria. Azionò un vibrante fischio con la tromba del locomotore per richiamare l'attenzione delle due persone che a quel punto cominciavano a essere abbastanza visibili, ma queste, anziché allontanarsi, si incamminarono sul sentiero in direzione del treno. Dalla cabina di guida si cominciavano a distinguere per bene le due figure: una donna con un bimbo per mano. La loro posizione non piacque assolutamente a Gino che dopo avere emesso ancora dei fischi, mise mano alla frenatura rapida del treno.

Una brutta percezione balenò nella sua mente e la conferma arrivò dopo pochi istanti: la donna e il bimbo salirono sulla massicciata e si portarono in mezzo al binario incamminandosi verso il treno! Malgrado si fossero messe in atto tutte le strategie per fermare nel più breve tempo possibile il convoglio, questo avanzava ancora tragicamente. I due macchinisti, sbracciandosi e gridando dai finestrini della cabina di guida, quasi imploravano la donna di togliersi dal binario: furono momenti terribili alla vista del bimbo che, dando sempre una mano alla donna, con l'altra stringeva il suo giocattolo! Il muso del locomotore fece sparire le due figure ai loro occhi proprio quando il treno ultimò la sua corsa.

Secondo, più vicino alla porta della cabina, fu lesto a scendere, subito seguito da Gino. Quel che videro resterà sicuramente impresso nella loro mente per sempre: la donna e il bimbo silenziosi, immobili, erano in piedi davanti al locomotore, così vicini che potevano toccarlo. Furono presi per mano e accompagnati alla prima vettura dove il capotreno li aiutò a salire. Il treno ripartì verso la vicina stazione dove il capostazione prese in consegna la donna e il bimbo che continuarono nel loro incredibile mutismo senza lasciar trasparire una minima emozione.

I loro occhi, sarà difficile dimenticarli, bisbigliarono Gino e Secondo risalendo sul locomotore. Poi un lungo e pesante silenzio fu interrotto da Secondo che, rivolgendosi al collega, disse: Bravo! Con la tua prontezza hai salvato la vita a quel bimbo e a sua madre, e anch'io ti devo ringraziare perché mi sarebbe tanto dispiaciuto terminare il mio servizio in ferrovia con una tremenda tragedia. Un accenno di sorriso apparve sulle labbra di Gino che a fatica riuscì a trattenere le lacrime.

Luciano Caldari