A VOLTE È UTILE RICORDARE Il PASSATO PER APPREZZARE IL PRESENTE E COSTRUIRE IL FUTURO

Per chi ha voglia di leggermi, racconterò uno spaccato della mia adolescenza durante il periodo successivo alla guerra. Abitavo a Castellabate nel comune di Rimini, distante circa nove chilometri dal centro città.

Estate 1947: la guerra era terminata da circa due anni. La città era semidistrutta ed era da poco iniziata la ricostruzione. In campagna dove io abitavo, era ancora presente materiale bellico (carri armati, cannoni, autoveicoli...). I soldati morti durante la guerra, seppelliti provvisoriamente in fosse scavate nei pressi della strada, erano stati quasi tutti riesumati, ma per molto tempo ne sono rimaste ben visibili le tracce (dirò in seguito il significato del mio ricordo delle stesse).

Avevo appena terminato la quinta elementare. A quei tempi, coloro che abitavano lontano dalla città avevano poche possibilità di continuare gli studi; infatti non vi erano mezzi di trasporto e la miseria imperava. I miei genitori mi vollero far proseguire gli studi, ma ero costretto a recarmi a scuola in bicicletta fino a Rimini. Avevo dieci anni e nove chilometri di sola andata da percorrere giornalmente, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche (ovviamente, in caso di maltempo, non potevo farmi accompagnare in quanto le automobili erano un bene riservato ai ricchi).

Si poteva scegliere tra avviamento commerciale, avviamento industriale e scuole medie. Le prime due davano accesso alle scuole superiori di tipo professionale, le medie invece davano accesso alle scuole magistrali e ai licei, questi ultimi propedeutici all'università. Nelle medie si studiava anche il latino e per iscriversi occorreva sostenere un esame di ammissione. È evidente che alle scuole medie si iscrivevano solo i figli di persone agiate, che si sarebbero potuti permettere poi di frequentare l'università.

Io scelsi l'avviamento industriale per poi accedere alle scuole tecniche superiori. L'orario comprendeva l'intera giornata. In pausa pranzo, non avendo possibilità di recarmi a casa né di accedere alla mensa operai (che si trovava sotto l'androne di accesso all'attuale mercato coperto) per mancanza di soldi, ero costretto a mangiare un panino seduto sulla bicicletta, all'aperto. Due ore al freddo e da solo. Alla sera, alle 18, per tornare a casa dovevo percorrere la statale (via Popilia), sprovvista completamente di luci stradali e con traffico automobilistico quasi nullo. L'unica luce era prodotta dalla dinamo della mia bici.

Immaginate la paura di un bimbo di quell'età: percorrere la strada al buio e per giunta passare vicino alle fosse lasciate dalla riesumazione dei morti di guerra. Andavo sempre più veloce perché avevo l'impressione che qualche fantasma mi seguisse. Per giunta, due di quelle buche si trovavano proprio di fianco al cancello di casa mia! Ho citato i fantasmi per il motivo che adesso spiegherò.

In quei giorni in campagna quasi nessuno era provvisto di corrente elettrica, ma la casa in cui noi abitavamo ne era fornita, motivo per cui possedevamo una radio. Tutte le sere gli uomini del vicinato, amici di mio padre, venivano da noi per ascoltarla; poi seguivano alcune partite a carte e qualche bicchiere di vino. Naturalmente tutti stavano in cucina, l'unico locale riscaldato con la stufa. Dopo cena io dovevo studiare, ma dove? In camera da letto al freddo con i vetri gelati!

Ascoltavo i loro discorsi che spesso si riferivano a racconti di fatti soprannaturali. Sentivo spesso questa frase in dialetto: U SI VOID (ci si vede) sottintendendo i fantasmi. Immaginate il mio stato d'animo, dovendo la sera successiva percorrere quella strada piena di ricordi tragici, al buio e da solo! Dal terzo anno di scuola, le cose sono in parte cambiate perché mio cugino Tino (di due anni più giovane) e altri ragazzi si erano iscritti alla stessa scuola e finalmente ci si faceva coraggio a vicenda.

Concludendo: sono nato in pieno fascismo, ho superato la guerra durante la quale ho rischiato la vita per ben tre volte, poi ho vissuto il dopoguerra. Malgrado ciò, a parte i traumi subiti durante la guerra, posso dire di avere passato un'adolescenza serena, grazie anche ai miei genitori. Che differenza con i ragazzi di oggi che hanno tutto e sono sempre scontenti!

Filippo Vannini