Il socio Benito Colonna (Toni), classe 1937, ferroviere in pensione abitante da sempre a Rivabella, ci rievoca episodi della sua gioventù.
Sei maggio del 1998. Argine destro del fiume Marecchia. Sono in compagnia di altri appassionati di pesca all'anguilla. Una selva di canne e un filo teso: siamo in attesa dell'imboccata, ma con una splendida e soleggiata mattina come questa, col mare per nulla mosso, anche se l'acqua è torbida per le piogge dei giorni passati, d'anguille nemmeno l'ombra. Si parla del più e del meno con riferimento spesso a pescate eccezionali.
Ad un tratto Nevio Benuzzi, amico di vecchia data, racconta un fatto che mi tocca da vicino, in quanto riguarda il caro amico defunto Otello Biagetti (Telo ad Brand), bagnino di Rivabella. Così inizia il racconto. È un ricordo che mi è rimasto impresso nella mente in maniera così chiara che ogni volta che ci penso mi sembra d'aver vissuto quell'avventura solo da pochi giorni.
Mi pare fosse il mese di settembre del 1964 circa alle sei e venti di mattina; stava albeggiando. A quel tempo facevo il fornaio a Viserba al panificio Maestri, in Piazza Pascoli, davanti alla Chiesa. Dopo una notte di lavoro, stavo rientrando a casa a bordo della mia cinquecento, assieme al mio fratello Piero. Stavamo percorrendo la via del mare in direzione di Rimini, quando all'altezza di via XXV Marzo, a Rivabella, vediamo distintamente un uomo in mezzo alla strada che gesticolando a braccia aperte ci fa segno di fermarci.
Ci avviciniamo adagio riconoscendo Otello il bagnino. Dico a mio fratello: Guarda come si agita chissà cosa gli è capitato! Non vedo l'ora di andarmene a dormire, non ci voleva questa! Apro la portiera: Cosa c'è, cosa ti è successo? e lui: Vorrei vedere voi nei mie panni, venite presto, per piacere, ho bisogno che mi diate una mano, mi è successo un fatto inaspettato. È un problema che da solo non posso risolvere. Siete i primi che vedo, per questo mi sono rivolto a voi. Sono arrivato in spiaggia per lavorare e ho trovato due delfini arenati nell'acqua bassa vicino alla riva. Penso siano madre e figlio, uno è grande e grosso e l'altro e molto più piccolo. Ho provato a trascinare la madre in mare prendendola per la coda, ma non ci sono riuscito, è troppo pesante. Ho bisogno che mi diate una mano.
A queste parole non ce lo facciamo ripetere, scendiamo dalla macchina e lo seguiamo. Quelle povere bestiole forse stavano inseguendo dei pesci, quando con il sopraggiungere della bassa marea, erano rimaste intrappolate senza riuscire a riprendere il mare. Al nostro avvicinarci non danno alcun segno di allarmismo, restano buone, forse intuendo le nostre intenzioni di portar loro soccorso; meglio così il nostro compito è facilitato. Proviamo a trascinare verso il mare la madre prendendola per la coda, ma la faccenda si presenta alquanto difficile se non impossibile.
La sua pelle bagnata e viscida non ci permette una solida presa. Otello ci fa segno di attendere e parte ritornando subito dopo con una robusta corda. Leghiamo la coda in maniera da non provocare nessun danno all'animale. Tirando con forza un po' alla volta riusciamo a trascinare la bestia in acqua. Prima di sospingerla più al largo, incontro il suo sguardo. I suoi occhi ci osservano interessati lasciando trapelare grande intelligenza. La madre, una volta libera, resta in attesa del figlio.
Spingiamo il piccolo in acqua senza fatica. Poco dopo le due bestiole, una accanto all'altra, prendono il largo. Seguiamo con lo sguardo i due sopravissuti fino a che non scompaiano in lontananza. Otello, contento, non finisce più di ringraziarci. E pensare che siamo noi a dover ringraziare lui per la bella esperienza vissuta. Lo salutiamo e soddisfatti torniamo alla macchina.
Giunto a casa, mia moglie, notando la mia inconsueta agitazione mi chiede cosa sia accaduto. Le racconto tutto con grande entusiasmo. Provo a coricarmi, ma il pensiero corre sempre all'esperienza fatta poco prima e il sonno stenta ad arrivare. Il piacevole ricordo mi avrebbe accompagnato per tutta la vita. Avevo inoltre conosciuto e scoperto gli intimi sentimenti di quel gigante buono, di quell'uomo gentile che era Otello.
Benito Colonna