CACCIATORI
(CAZADUR)

Il socio Virginio Cupioli (Tonino), pensionato FS, ex Capo Stazione Superiore, classe 1926, rievoca nei suoi scritti usi, costumi e consuetudini della sua gioventù. In questo caso si sofferma su una pratica molto in uso ai suoi tempi: la caccia, che arrivava a lambire anche le zone periferiche della città.

Molti erano i cacciatori che frequentavano la zona di periferia dove abitavo, per la presenza di numerosi volatili; cacciavano per poi mangiare la selvaggina, avevano cani addestrati, sparavano alle prede più grosse perché il costo della cartuccia era superiore al valore della preda uccisa. Si appostavano ovunque nella brama di riempire il carniere.

Tutti, anche i non cacciatori, consideravano normale questa attività; l'istinto atavico delle generazioni passate era insito fino al punto che contagiava anche i bambini che, con le loro fionde, emulavano i cacciatori tirando sassolini ai piccoli Lui (detti zizì per la voce sottile e armoniosa) che saltellavano sui rami degli alberi. Non ricordo che fosse stato centrato un solo uccellino.

Molti cacciatori usavano gabbiette di vimini con un'entrata senza uscita, le celavano tra le foglie delle viti nelle vigne e nelle siepi con dentro dei richiami vivi che attiravano i passeri che venivano così catturati per essere poi mangiati allo spiedo.

La cacciagione, più della carne e del pesce, era una specialità alimentare molto ricercata, per fortuna ora vietata. Occorre dire che a quel tempo i volatili erano numerosissimi e che la semina nei campi veniva spesso vanificata dalle beccate degli uccellini; per tenerli lontano dal seminato, i coltivatori innalzavano spaventapasseri.

Virginio Cupioli