VITA D'ALTRI TEMPI

In questo racconto Elio Biagini (1923 -2005), già ferroviere e sindaco revisore al DLF, per anni collaboratore del Notiziario DLF, ricorda aspetti della sua gioventù vissuta nella frazione di Viserba. Di questa e altre memorie il figlio Roberto diede alle stampe un libro.

Pensando a un mucchio di ciottoli, rivivo come si festeggiava San Giuseppe facendo dei grandi fuochi: la fugaraza. Qualche settimana prima del 19 marzo, ci si organizzava in gruppi per raccogliere legna; non era come ora che di legna ce n'è tanta, allora i mobili duravano una vita e anche più.

Perciò noi andavamo a raccogliere gli sterpi lungo la linea ferroviaria, con il rischio che qualche pattuglia della milizia ferroviaria ci cogliesse in fragrante e mandasse i nostri nomi alla maestra per poi essere castigati finendo dietro la lavagna o ricevendo sulle mani colpi di righello che ogni maestra aveva sempre a portata di mano. Quando avevamo fatto un bel mucchio di sterpi che erano sempre verdi, si partiva con un sacco di iuta e si andava dai contadini a chieder paglia per accendere il fuoco.

Nel frattempo ci si organizzava anche per fare i botti. In quel periodo tutti soffrivano di mal di gola, sapete perché? Per farlo passare ci volevano le pasticche di potassio, al pasteini ad putassa, perciò la mamma andava in farmacia a comprarle per farci guarire; noi, nel frattempo, andavamo di corsa al porto di Rimini dove c'era il trenino che veniva da Mercatino Marecchia, ora Novafeltria, carico di zolfo che proveniva dalle miniere di Perticara; cercavamo sotto i carri qualche pezzo di zolfo caduto e quando lo trovavamo... via di corsa a casa!

Fatte queste provviste, ci voleva ancora un bel sasso; si andava a cercarne nei mucchi lungo la strada uno dalla forma semiovale, quindi si doveva levigare la parte più piatta per fare in modo che combaciasse perfettamente con il piano stradale oppure con gli scalini di una casa.

Le pastiglie di potassio le facevamo diventare polvere e così pure lo zolfo; terminata la sfarinatura, unendo zolfo e potassio si era formata una miscela esplosiva che, messa per terra e coperta con il sasso ben levigato, schiacciata poi con il tallone, esplodeva causando il gran botto.

Così la sera del 18 marzo per noi era una grande festa. Ogni strada aveva la sua focheraccia e si faceva a gara a chi la faceva più bella. Attorno al fuoco c'era sempre un responsabile che con una grande forca accudiva al fuoco e noi bambini ci divertivamo a fare i nostri botti; ogni tanto si sentiva anche qualche tiro di schioppo e così si esauriva la serata. Quando tutta la legna era diventata brace, ecco arrivare le nostre mamme con gli scaldini che riempivano di burnisa per metterli nel prete e riscaldare il letto.

Elio Biagini