L'avvocato Oreste Cavallari, repubblicano riminese, lasciò una memoria sulla situazione politica cittadina nella prima decade del secolo scorso, da cui si stralcia questa relazione.
Strana città Rimini: il 63% degli abitanti non sapeva né leggere né scrivere. In città le femmine erano 173 più dei maschi, 34 famiglie vivevano in soffitte e 5 in sotterranei. Gli elettori erano 4.606 su una popolazione di 43.606 abitanti. Gli impiegati del municipio erano 37, i telefoni 91.
La lotta politica si svolge tutta intorno a quel pugno di elettori ed è tutta centrata sui rapporti Chiesa - Stato, sul divorzio, sulla monarchia, sull'ignoranza e sulla fame del popolo. Ed è lotta senza esclusione di colpi anche se si svolge solo tra politici e politici. Il popolo fa da spettatore.
Quando muore Umberto I, quando s'ha da inaugurare a Roma il monumento a Carlo Alberto, quando il Re s'incontra con Guglielmo a Venezia - tutte le volte, insomma, che la Monarchia si muove, s'alzano da sinistra tempeste e proteste. Sembra strano: è sul modo di morire che più s'accende la mischia tra sinistra e destra, tra clericali e radicali.
Un macellaio sta morendo e il prete vuole dargli l'estrema unzione nonostante quello non voglia: rissa tra neri e rossi. Muore un liberale che pare abbia disposto di essere portato in Chiesa e il partito minaccia: chiedetelo al morto se andare o no in Chiesa, rispondono i familiari. Repubblicani e radicali vogliono a Rimini il forno crematorio: sembra che non si muoia bene se non cremati. E gli altri a gridare: massoni maledetti! Un repubblicano si sposa in chiesa: espulso dal partito! E un prete, don Farina, non poteva celebrare perché la banda dei socialisti suonava a grancassa fuori: esce di chiesa e spara. Due feriti. Processo, assolto.
La Redazione