LA FERROVIA
Ricordi d'infanzia

Sono nato a Miramare, in un piccolo nucleo di case chiamato Il Ghetto, sorto a fianco della fossa Rodella. La mia casa era vicina alla ferrovia e i binari, allora assai poco frequentati dai treni, erano invece assai frequentati da noi bambini. Li attraversavamo per raggiungere la campagna che si estendeva a monte; li fiancheggiavamo lungo i sentieri che portavano verso la stazione del paese o verso Rimini.

Quando i ferrovieri scaricavano nuovo pietrisco fra le traversine, davamo la caccia ai sassi che portavano l'impronta delle conchiglie fossili. E talvolta ci servivamo anche delle rotaie per i nostri passatempi; infatti eravamo soliti giocare a piastre utilizzando come bersagli i tappi metallici delle bibite, dopo averli spianati e trasformati in tanti dischetti lisci. Per eseguire questa operazione tornavano comodi i binari perché collocavamo i tappetti in fila sulle rotaie e il primo treno di passaggio ce li spianava perfettamente.

Non dimenticherò mai lo spettacolo offerto dalla ferrovia quando siamo tornati a casa, dopo il passaggio del fronte. I bombardamenti aerei, particolarmente accaniti contro il ponte sopra la fossa, avevano divelto i binari; le rotaie, arricciate, innalzavano al cielo i loro moncherini che parevano un monumento astratto, in versione tragica.

Per ripristinare in tutta fretta la ferrovia, sulla fossa avevano fatto un ponte provvisorio, ricavando due tubature con le lamiere ondulate allora in uso. Ma la portata d'acqua consentita dai due tubi era assai inferiore a quella del ponte originario sicché, alla prima grande pioggia, tutta la zona tra la ferrovia e la via Flaminia era diventata un immenso lago.

Le tende dell'accampamento militare, che si trovava là vicino, erano sommerse dall'acqua e i soldati andavano dall'una all'altra servendosi dei mosconi. Prosciugato finalmente il terreno, sono ricomparsi i grandi crateri formati dalle bombe, quasi colmi d'acqua e pieni di ranocchi, per la grande soddisfazione di noi bambini.

All'arrivo della stagione fredda, in mancanza di legna da ardere, si andava in spiaggia a raccogliere l'almadira, formata da tutti i cascami vegetali portati a riva dalle burrasche. Messi ad asciugare al sole, finivano poi nella stufa. Mio babbo aveva portato nel cortile di casa due traversine della ferrovia, sperando di poterle utilizzare per far fuoco. Ma erano così dure che non si riusciva a spaccarle. Perciò erano rimaste una sull'altra, appoggiate al muro come un sedile.

Ho ancora davanti agli occhi il ricordo di un soldato americano seduto su quelle traversine, e io davanti a lui, con l'acquolina in bocca nel vederlo aprire una scatoletta di carne e cominciare a mangiarla. Mi è rimasta tuttora viva la sensazione di un desiderio grande e inappagato per qualcosa che oggi forse daremmo al gatto. Ma la fame in quei giorni si faceva sentire. Vallo a raccontare agli odierni ragazzini, grassocci, viziati, rimpinzati di merendine e di ogni altra diavoleria.

Oreste Delucca

NdR. Si ricorda che Oreste Delucca, noto scrittore e storico, è stato insignito, nell'anno 2013, del prestigioso riconoscimento Municipale il Sigismondo d'oro.