Mezzogiorno di domenica in un ristorantino tranquillo, l'ideale per un pranzo famigliare. Ad un certo punto entrano sei persone, tre coppie sulla trentina che hanno prenotato un tavolo accanto al nostro. Un breve cenno con il capo a mo' di saluto a chi li circonda e si accomodano ai propri posti. Una volta seduti, ognuno di loro estrae il proprio telefonino e inizia a chattare o a sfogliare pagine internet o di social network, senza degnare di uno sguardo gli altri commensali. Solo quando il cameriere si presenta per le ordinazioni si distraggono un istante, giusto il tempo di dare un'occhiata al menù.
Poi riprendono le loro occupazioni che non interrompono neppure quando arrivano le portate che consumano in silenzio, concentrati sulla propria scatoletta magica. Una eccezione i secondi, giunti su un unico grande piatto di portata, che li costringono a servirsi e ad accennare ad un minimo di conversazione. Ma dura poco: basta il segnale di tweet per far sì che ognuno riprenda in mano quasi meccanicamente il proprio telefono, continuando così fino al conto e al momento di andarsene.
Una situazione surreale, che ho osservato basito dal mio tavolo in cui dominava la più tradizionale atmosfera conviviale e che, una volta che i sei se ne sono andati, ho commentato con il parente che sedeva al mio fianco. Ma ha senso un pranzo consumato in tal modo? gli ho chiesto. Nell'era dei mass media probabilmente sì, mi ha risposto con un sorriso. Anzi - ha aggiunto indicando con il capo la sala del ristorante - mi sa che le mosche bianche non sono loro....
In effetti, seguendo il suo sguardo, ho notato come buona parte dei commensali fosse quasi morbosamente avvinghiata al proprio telefonino: chi consultandolo, chi toccandolo con fare compulsivo, un paio di bambini utilizzandolo per giocare: eloquente testimonianza di una dipendenza che la nostra società ha sviluppato nei confronti di questi oggetti. Dipendenza che cresce mano a mano che queste macchine diventano sempre più sofisticate (ormai telefonare, per loro, è una funzione di secondaria importanza...) e che è sorretta da un potente apparato pubblicitario che ne decanta i pregi e l'assoluta necessità di possederli, in modo da poter sempre e ovunque essere connessi con il mondo.
E in effetti è vero: grazie ai telefonini abbiamo tutto e tutti a portata di un clic, ma in modo asettico, impersonale, finto, che nulla ha a che vedere con rapporti personali autentici, fatti non solo di caratteri scritti frettolosamente e in modo sintetico, ma anche di sguardi, intonazioni vocali, gesti e silenzi.
Si può dire che la diffusione degli smartphone è direttamente proporzionale all'inaridirsi dei rapporti umani. Lo confermano gli studiosi secondo i quali il principale problema sociale dell'ultimo decennio, quello appunto della comunicazione globale, è proprio la solitudine.
Duilio Ganzaroli