EMIGRANTI IERI E OGGI

C'erano una volta i Gastarbeiter, in italiano ospiti lavoratori. Espressione formalmente gentile, che tuttavia negli anni '60 e '70 assunse una connotazione non troppo amichevole, per definire gli immigrati stranieri, italiani in testa, che in decine di migliaia arrivavano in Germania in cerca di un lavoro di qualsiasi genere. Molti lo trovavano nell'industria automobilistica, ma la loro vita non era facile. Era duro l'impatto con la lingua, gli usi e costumi. Alcuni tornarono in Italia nella metà degli anni '70 quando la crisi petrolifera colpì le aziende dell'auto. Altri restarono, misero su famiglia, ebbero figli: tutti quasi sempre ben integrati nella società tedesca.

Oggi l'avversa congiuntura economica europea sembra avere risparmiato la Germania. Le sue industrie continuano ad attrarre chi, altrove in Europa, sogna un lavoro sicuro, ma i Gastarbeiter sono scomparsi assieme a quei treni stracolmi che li scaricavano in stazioni fredde e umide. Adesso i nuovi migranti viaggiano in aerei o treni superveloci e vengono accolti in luoghi che sembrano futuristici. Sono tutti tecnici specializzati, professionisti laureati e le industrie automobilistiche sono le loro preferite, con in testa la Porsche dove lavorano circa 500 italiani su 22.000 addetti.

Alcuni di loro ricoprono incarichi di responsabilità, come mi racconta Mario, incontrato in treno in uno dei miei recenti viaggi in Germania per far visita a dei vecchi amici. Mario lavora alla Porsche di Zuffenhausen nei pressi di Stoccarda; è un dirigente con laurea in ingegneria aerospaziale e cinque anni di esperienza in USA a Pasadena. Poi si è trasferito in Germania, ha moglie tedesca e un bambino. Dice che si è innamorato della Porsche, perché non è solo un prodotto avanzato e molto bello, ma rappresenta anche dei valori nei quali è facile identificarsi.

È un'azienda che pone il lungo periodo al centro del proprio agire, che investe in tecnologia, in sicurezza, ma anche nella formazione dei dipendenti. Non ha trovato difficoltà nell'inserirsi: la Germania, mi dice, è un melting pot estremamente internazionale. Anzi l'essere italiano l'ha favorito. Tutto ciò me lo conferma Antonio, figlio di mio cugino, 33 anni, nato in Germania a Radolfzell dove torna tutti i fine settimana da Zuffenhausen per far visita ai familiari. Antonio mi racconta: Sulla Porschenplatz, a Zuffenhausen, si affacciano l'avveniristico museo della Casa e alcuni edifici dedicati alla produzione. Da qui esce la Porsche di serie più esclusiva: la 918 spider ibrida.

Tra i circa cento addetti che la fanno nascere c'è proprio lui che appartiene alla seconda generazione di emigranti. Mi spiega: Questa non è una catena di montaggio, è un atelier. Ogni supercar è assemblata a mano. La Porsche è la mia seconda casa. Era il mio sogno fin da bambino entrarvi e l'ho coronato dopo la scuola con un apprendistato di tre anni. Poi mi hanno destinato al reparto carrozzerie prototipi, a Weissach. L'occasione per far parte del pool della 918 spider è arrivato nel modo più normale: ho risposto a un annuncio della bacheca. Ora sono vicecapo team; mi occupo del montaggio della carrozzeria, coordino i colleghi e sono responsabile dei controlli finali.

Antonio possiede una Porsche spider 918 e la tratta meglio della fidanzata.

Pompilo Parzanese