LOTTERIA PER UN PALLONE

Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, ripercorre aspetti della sua fanciullezza soffermandosi sull'emporio allora presente nelle vicinanze della sua abitazione.

Uno dei problema di noi ragazzi era avere un pallone; giocavamo con palle di stracci che durante il gioco si slegavano. La bottega di Chec vendeva una lotteria con figurine inserite nelle caramelle e con album di raccolta numerato fino a cento; se completato, veniva regalato un pallone. Molti album furono riempiti dai ragazzi fino a 99 caselle; ne mancava uno: il raro 67 suonatore d'arpa (le figurine illustravano le particolarità dell'Etiopia dopo la conquista mussoliniana). Il figlio del Chec, riuscì a carpirne due ed ebbe così due palloni che, generosamente, mise a disposizione di tutti e fu possibile così giocare felicemente.

Si seppe poi che lo stesso, durante la notte all'insaputa del padre, apriva gli involucri di carta contenenti le caramelle per cercare il raro 67.
Durante le fasi del gioco, i ragazzi gli passavano spesso la palla perché potesse tirare alla Gabetto (centravanti del grande Torino), onde evitare che si annoiasse e portasse via il pallone. Nello sport era molto dotato e da grande si rivelò un eccellente tiratore stoccatore.

La butega di Chec (negozio di alimentari) aveva di tutto, dalla magnisa (Citrosidina) ai casalinghi, emporio molto utile per gli abitanti circostanti. La disponibilità di Chec era totale; molte famiglie sopraffatte dalla miseria compravano a credito, cioé segnavano su un libretto l'ammontare della spesa nella speranza di pagare a fine mese.

Era un operatore sociale del tempo; quando qualcuno non aveva i soldi e niente da mangiare, correva da Chec che era sempre disponibile; probabilmente lui stesso suppliva con il ritardare il pagamento ai rifornitori. Allegro e faceto, con il sigaro in bocca, protetto da un grembiule grigio bluastro, con una mazza di legno batteva il bombardone (stoccafisso) su una grossa pietra interrata posta all'angolo della strada prima di metterlo a bagno, unitamente alle cosiddette pitture di baccalà, in due diverse zangole a cui cambiava spesso l'acqua.

A quel tempo, questi merluzzi conservati erano eccellenti avendo subito l'essiccatura naturale e soprattutto costavano poco; per cui, essendo un ottimo cibo, venivano consumati in quantità consistente. Chec ha lasciato un buon ricordo e la sua bottega, anche se odorosa di baccalà bagnato, poteva dirsi il centro commerciale di via Fogazzaro.

Virginio Cupioli