Carissimi colleghi, amici e concittadini, ciò che mi accingo a scrivere, penso farà riflettere su come chi, cercando di comportarsi con dignità e umano senso di fratellanza, possa a volte essere compensato con una delusione e pure un danno. Desidero raccontarvi un fatto accadutomi qualche anno addietro, ma che può accadere a chiunque in qualsiasi momento. Un fatto che mi ha amareggiato e ha influito sul mio modo di pensare e di vedere le storture della realtà quotidiana.
Un giorno di maggio, dovevo presentarmi a Bologna per un colloquio in una sede della RAI. Lascio mia moglie in stazione e mi dirigo verso la sede del Dopolavoro Ferroviario, in via Roma, per parcheggiare l'auto. Provenendo da nord mi fermo al centro della strada nella mia corsia senza oltrepassare la linea di mezzaria, di fronte la passo carraio, con freccia accesa, in attesa che la colonna d'auto proveniente dal lato opposto terminasse.
Fermandosi per la quantità di flusso, gli automobilisti, vista l'impossibilità immediata di proseguire, arrestavano i loro mezzi, per farmi passare e immettermi nel passo carraio. Appena mosso, oltrepassando la linea di mezzaria di circa trenta centimetri con la ruota anteriore sinistra, mi accorgevo del sopraggiungere di un tale su motoretta che avanzava sulla destra della doppia file di auto ferme e del marciapiede. Fermavo la mia auto immediatamente. Il tizio, che poi ebbi a conoscere essere un libico, oltrepassava tutto lo spazio del passo carraio, urtava con la ruota anteriore l'inizio del marciapiede e carambolava in terra.
Prontamente scendevo dall'auto per prestargli soccorso, visto che si era rialzato, ma piegato su se stesso si lamentava di un gran dolore al fegato, senza indugio telefonavo al 118 e al comando Vigili Urbani, i quali mi intimavano di restare presso l'infortunato. Avvisavo dell'accaduto mia moglie affinché non si preoccupasse del mio ritardo, poi per anticipare i tempi, sperando di poter prendere il successivo treno utile, portavo al posteggio la mia auto nell'ambito del Dopolavoro.
Giunti per primi i Vigili Urbani, spiegavo loro l'accaduto. Mi veniva chiesto il motivo per il quale avevo spostato l'auto, e io ho spiegato che non c'entravo nulla con l'incidente. Uno dei vigili andò a controllare il mio mezzo non rilevando nemmeno un graffio. Il mattino seguente mi recavo al comando e su richiesta spiegavo ancora l'accaduto. Avevo fatto il mio dovere. Credevo che la cosa fosse finita lì, invece, dopo circa trenta giorni, mi è arrivata una multa di € 92 con la motivazione che avevo spostato l'auto.
Recatomi al comando, presentai le mie legittime motivazioni, ma la multa restò. Fui consigliato da un superiore di lasciar perdere, che fatti simili al mio, in quel di Rimini, al momento ce n'erano circa cinquecento. Speravo fosse finita, invece, dopo due mesi, altra multa, di € 166. Andai a chiedere la motivazione. Mi fu risposto che il tizio che avevo aiutato aveva dichiarato che non gli avevo dato la precedenza. Altro consiglio di lasciar perdere. Credevo fosse finita, invece mi arrivò una querela. Fui costretto a rivolgermi all'avvocato.
Da tener presente che via Roma, è larga circa dieci metri. Che l'infortunato era passato a più di quattro metri dalla mia auto e che era andato a urtare all'inizio del cordolo del marciapiede a più di cinque metri dal mio mezzo. Io debbo ammettere che non conosco appieno le leggi che regolano il traffico stradale, potrei sbagliarmi nel mio giudizio, ma facendo appello al buonsenso mi pare di essere stato ingiustamente mortificato.
Faccio presente che se mi dovesse capitare di dover prestare soccorso in un'occasione analoga, non mi rifiuterei certamente, e non giustifico coloro che chiudono l'occhio e il cuore e se ne vanno fregandosi della disgrazia altrui, ma vi garantisco che agirei con più prudenza, che magoni come questi è difficile digerirli.
Benito Colonna