I PONTI SUL DEVIATORE DEL FIUME MARECCHIA

Il socio Benito Colonna, classe 1937, ferroviere in pensione, ritorna con la memoria al dopoguerra, più precisamente si sofferma sui ponti allora presenti sul deviatore del fiume Marecchia. Tratta in particolare il ponte di via Coletti oggetto, in questi mesi, di attenzione da parte dei media locali per le vicende e i tempi relativi alla sua ricostruzione.

Il ponte sul deviatore del Marecchia che metteva in comunicazione Rimini con la parte nord all'altezza delle Celle, fatto saltare dai tedeschi in ritirata, era stato sostituito provvisoriamente da un ponte metallico Bailey messo in opera dai genieri dell'esercito alleato. Tutto il traffico da e per Rimini nord era sostenuto da questo ponte. Era uno spettacolo caratteristico, specie al mattino, vedere studenti e operai pedalare su quella via per la città. Spettacolo piacevole per l'osservatore, un po' meno per chi vi transitava, specie nelle giornate di pioggia e neve.

L'altro ponte, fra San Giuliano a Mare e Rivabella, in via Coletti, era transitabile solo a piedi: durante il conflitto era stato colpito da una bomba che aveva distrutto quasi completamente un'arcata.

Mi viene in mente il periodo in cui erano in corso i lavori per rimettere a posto il ponte, all'incirca doveva essere il 1950 - 51.
Una sera, alla fine di ottobre, io e il mio amico Gino, dopo esserci allenati allo stadio, ci trovammo a mare del ponte, vicino a una passerella provvisoria in legno, che attraversava il fiume. La passerella era stata costruita per permettere agli operai di lavorare al rifacimento di un'arcata.

Eravamo intenti al recupero di alcune lenze calate qualche ora prima. Era buio pesto e faceva piuttosto freddo. Il ponte era illuminato a giorno. Gli operai, che poi risultarono essere settantadue, stavano effettuando la gettata di cemento all'arcata che doveva essere ricostruita. Dal punto in cui eravamo distinguevamo chiaramente le figure illuminate degli operatori e ci giungevano nitidi gli ordini impartiti dai capisquadra.

Improvvisamente udimmo un gran fragore provenire dal ponte. Urla, richiami, le luci si spensero, mentre l'arcata crollava. Nel buio più totale si udivano le voci disperate degli uomini frammiste a schianti e tonfi nell'acqua. Colti di sorpresa restammo inebetiti e spaventati. Poi, passato il primo attimo di smarrimento, ci precipitammo verso la passerella e lì ci sforzammo di intravedere nel buio se, fra i rottami galleggianti che l'acqua trasportava verso noi, potevamo scorgere qualcuno che avesse bisogno di aiuto.

Fortunatamente non ci furono vittime, ma il fatto mi scosse parecchio tanto che lo conservo ancora oggi chiaramente impresso nella mente.

Benito Colonna