Da alcuni anni, mi dedico alla raccolta delle testimonianze dei miei concittadini relativamente al periodo bellico. Trascorro ore ad ascoltare le esperienze da loro vissute durante quel triste periodo, con lo scopo di non perdere una notevole fonte di dati. Sono le microstorie che concorrono a formare la storia di un paese e la storia di una nazione.
Gli argomenti relativi a questo periodo, specialmente quelli del settore aeronautico, suscitano in me una forte attrazione sin da ragazzo. Recentemente un particolare fatto ha destato la mia curiosità. A poche decine di chilometri da Rimini, al confine tra la Romagna e le Marche, nel 1942 è avvenuta una sciagura aerea. Oggi, dopo oltre settanta anni, è stato possibile ricostruire una parte di quello che è accaduto quel giorno.
Un ME 323 tedesco, stava volando lungo la Costa Adriatica in direzione Sud. Era una fredda giornata invernale, con nuvole molto basse. Si trattava di un grosso aereo da carico dotato di sei motori che stava trasportando rifornimenti nel Sud Italia. Mi sono chiesto dove poteva essere diretto quel velivolo, forse in Puglia o in Sicilia dove erano presenti numerose basi aeree della Luftwaffe.
Erano momenti critici per le truppe dell'Asse, quindi servivano urgentemente rifornimenti, soprattutto di carburante e pezzi di ricambio per gli aerei per contrastare l'avanzata alleata. In base a queste notizie, ritengo che la destinazione finale di quel velivolo fosse la Sicilia o l'Africa. Erano circa le 9.30 quando quel velivolo si è trovato a passare al traverso di Rimini, dove sulla spiaggia era da poco arrivato un bambino di dodici anni, che la madre aveva mandato a prendere acqua di mare.
Quel bambino oggi ha passato gli ottanta anni, si chiama Giuseppe Fabbri, classe 1932, soprannome di famiglia Burdoun. È un mio amico e durante uno dei tanti incontri avuti con lui per farmi raccontare i suoi ricordi di guerra, il 19 dicembre 2008 mi ha riferito cosa aveva visto un giorno mentre si trovava in riva al mare.
Durante la guerra, abitava nella periferia Sud di Rimini te Ghett dal redi, nel gruppo di case presenti a lato della Via Flaminia, di fronte me Ghett di Turch, l'attuale frazione di Marebello. Il ghetto era composto da una schiera di case abbinate, abitate da dieci famiglie e veniva chiamato così perché vi lavoravano due artigiani che realizzavano le reti per i letti.
Vediamo cosa mi ha raccontato Giuseppe:
Durante la guerra il sale era difficile da trovare, all'inizio era tesserato e più di un certo quantitativo non te ne davano, poi a un certo punto era divenuto quasi introvabile. Quello che c'era costava troppo e non potevamo permettercelo così ci si doveva arrangiare. La mamma mi mandava a prendere l'acqua di mare, allora era pulita, con la quale preparava la piada, che in quegli anni a cena non mancava mai sulla nostra tavola.
Io ero addetto alla macinatura del grano, con il macinino del caffé. Il grano ce lo dava molto spesso Tugnin dla Betta, il nostro vicino di casa, lato Rimini. A volte invece lo portava Vanecca ad Burgogna che abitava a circa duecento metri da noi in direzione di Riccione. Quanto ci ha aiutato la famiglia di Tugnin, non potremo mai ringraziarli abbastanza. L'acqua l'andavo a prendere in media due volte alla settimana, portando due fiaschi da due litri ciascuno.
Ricordo che la paglia di rivestimento dei fiaschi si era rotta, così mio babbo li aveva rivestiti con rametti di vimini. Da un padellone per la cottura delle lasagne, riempito di acqua di mare e messo a bollire, usando come combustibile le radici di gramigna seccate, si poteva ricavare un cucchiaio di sale. La spiaggia quella volta non era piana come adesso, ma era formata da dune di sabbia. Durante l'inverno, quando uscivo di casa, per ripararmi dal freddo usavo la caparela (mantella) che mio nonno paterno aveva portato con se dal fronte, lui aveva combattuto la Prima Guerra Mondiale.
Un giorno in particolare mi è rimasto impresso nella memoria per quanto avevo visto. Era una giornata grigia e fredda con nuvole molto basse, saranno state circa le 9.00, forse le 10.00. Come al solito sono andato sulla spiaggia a prendere l'acqua. A un tratto ho visto passare a qualche centinaio di metri dalla riva, un grande aereo con sei motori diretto verso Pesaro che volava molto basso. Non avevo mai visto nulla del genere, così da vicino.
Dopo averlo osservato passare, mi sono messo a fare il mio lavoro. Mi sono avvicinato alla riva e con le mani ho scavato una buca nella sabbia creando una piccola pozza d'acqua che raccoglievo con un contenitore e riversavo nei fiaschi utilizzando un pidriul (imbuto). Ad un tratto, ho visto con la coda dell'occhio come un lampo in direzione di Gabicce e qualche attimo dopo ho sentito il rumore di una esplosione. Quell'aereo doveva essere andato a sbattere contro la collina.
Prima parte
Ricerca storica di Daniele Celli