EQUINI, CANI E GATTI

Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, ricorda come fossero i rapporti con gli animali domestici al tempo della sua gioventù.

Tutti i contadini e gli ortolani possedevano e usavano un carretto, supporto indispensabile per spostare i prodotti e prelevare merci e attrezzi per il proseguo delle loro attività. Detti carretti erano trainati da cavalli, muli e asini. Il trattamento loro riservato in tanti casi era biasimevole, particolarmente con asini e muli per i quali veniva usato il bastone e picchiati, quando s'impuntavano lungo la strada e non obbedivano.

Questo trattamento intristiva Tonino che non poteva fare nulla. Molte erano le famiglie che possedevano un cane, normalmente erano le benestanti, che potevano assumersi l'impegno di mantenerlo. Molti li usavano da guardia nelle aie, legati a filo scorrevole e occorreva molta attenzione ad avvicinarsi, perché il cane alla catena diventava cattivo.

I cacciatori si servivano di razze speciali: da ferma, da cerca, da tana, per sussidiare le loro attività, che Tonino non ha mai condiviso. Altri li utilizzavano per compagnia, per difesa, per gregge. Tutti erano soggetti alla legge della museruola; un cane trovato senza e solo era considerato randagio, con un laccio veniva preso dall'accalappiacani - dipendente comunale - chiuso in una gabbia e portato al canile municipale.

Se entro tre giorni il proprietario non si fosse presentato a pagare la multa e a ritirarlo, la sorte di quel povero cane era segnata: sarebbe stato soppresso. Purtroppo tanti non si presentavano, sia per mancanza di soldi, sia per sbarazzarsene.

Accadeva che qualche cane che aveva vissuto la vicenda più volte, avendolo il suo padrone sempre riscattato, diventasse furbo e sentendo da lontano l'odore dell'accalappiacani, sfuggisse al laccio, diventando imprendibile.
Nota curiosa: il più famoso accalappiacani di Rimini si chiamava Canini.

Il gatto era l'unico animale custodito dalla famiglia di Tonino, veniva nutrito poco per stimolare la caccia ai topi che numerosi proliferavano intorno alla casa per cibarsi delle sementi dei pastoni dispensati agli animali. Le galline di notte dormivano istintivamente in alto su apposi trespoli intrecciati per evitare le loro morsicature.

Il gatto, quando catturava un topo, se aveva fame lo divorava subito, si udiva scricchiolare fra i denti la carcassa. Se non aveva molta fame si dilettava a esercitarsi nella caccia, lo lasciva fuggire, lo riprendeva più volte, infine lo mangiava.

Si appostava vicino alla cassapanca che conteneva chicchi di grano, frequentata da numerosi topini che, in un'occasione, morsicarono la mano alla madre quando l'ebbe sollevata. Si disinfettò e non ebbe conseguenze.

In questo caso il gatto era un animale domestico veramente utile. Tuttavia aveva il difetto di defecare in casa. Il padre gli insegnò mettendogli il muso sugli escrementi, imparò così a farla fuori casa. Quando aveva necessità miagolava e se la porta era chiusa gli veniva aperta.

Virginio Cupioli