RITORNO A CASA

Il socio Edmondo Semprini, classe 1923, pensionato FS, ricorda le sue vicissitudini durante l'ultimo conflitto bellico e le peripezie per raggiungere Rimini da Firenze. Memorie raccolte dal sig. Daniele Celli.

Nei pressi della fontana, alla periferia del paese di Crispino del Lamone, vedo un camion militare tedesco fermo. Un soldato stava rifornendo d'acqua il radiatore. Mentre mi avvicino, con mio stupore, vedo che metteva acqua anche nel serbatoio del carburante. Non era possibile! Ho guardato con più attenzione, ma era così, stava mettendo acqua proprio nel serbatoio.

Terminato il rifornimento, da una scatola ha estratto delle zollette che poi ha infilato nel serbatoio. Non avevo mai visto nulla del genere. Al militare ho chiesto se mi poteva dare un passaggio. Mi ha risposto di sì, ma non si è fidato a farmi entrare in cabina. Mi sono dovuto appoggiare sul parafango destro, tenendomi aggrappato al fanale. Per fortuna il tragitto per Marradi era breve.

Raggiunta la stazione di Marradi chiedo informazioni sui treni in transito. Il capostazione mi spiega che quei treni erano ormai tutti fermi. Il giorno successivo però, di prima mattina una locomotiva partiva per Faenza e se mi fossi fatto trovare lì mi avrebbero preso a bordo.

Erano già diverse ore che non mangiavo, quindi chiedo dove posso trovare una locanda. Avuta l'indicazione mi ci reco immediatamente. Quando entro rimango di ghiaccio, era piena di camicie nere e soldati tedeschi. Faccio buon viso a cattivo gioco e per non destare sospetto mi siedo a un tavolo, per fortuna nessuno mi chiede nulla.

Quella notte ho dormito su una panca in stazione. La mattina seguente, di buon ora, mi faccio trovare al binario e come promesso mi fanno salire a bordo del tender, il vagone utilizzato per il trasporto del carbone. Arrivato a Faenza, mi informo se è previsto qualche treno in giornata, ma purtroppo il capostazione mi risponde che non c'è nessuna certezza: Quando arriva lo vediamo sono state le sue testuali parole.

Durante l'attesa vedo parcheggiato sulla via Emilia un piccolo camioncino di un uomo che vendeva polli. Lo raggiungo e gli chiedo se poteva darmi un passaggio. Gentilmente l'uomo si rende disponibile, ma sino a Forlì, dove è diretto. Nel frattempo in stazione giunge un treno passeggeri. Prego l'uomo del camioncino di attendere un attimo prima di partire per potere verificare se quel treno era diretto a Rimini.

Raggiunto il binario ho fatto appena in tempo a salire grazie a un mio conoscente, Fiorini di San Martino dei Mulini, che riconosciutomi ha aperto lo sportello permettendomi di salire al volo.

Quel treno, che per fortuna non è stato attaccato dai caccia alleati, è arrivato fino a Santarcangelo. Ero ormai a casa. Da qui a piedi ho raggiunto Santa Maria in Cerreto. Per fare quel viaggio da Scandicci avevo impiegato trentasei ore.

Dopo la guerra, parlando con un mio superiore delle Officine G.R. di Rimini, ingegnere Cozzi originario della Toscana, gli ho raccontato quanto avevo visto fare a quel soldato che aveva aggiunto acqua nel serbatoio del suo mezzo. Quel fatto mi era sempre rimasto impresso nella memoria.

Pensavo che l'ingegnere non mi credesse, invece mi ha raccontato che anche suo padre, nativo in quel luogo, aveva assistito a una scena analoga, oltretutto nella stessa zona dove l'avevo vista io. Non potevamo avere avuto le traveggole in due. I tedeschi dovevano aver inventato chissà quale diavoleria chimica da utilizzare dove non era possibile rifornirsi di carburante.

Edmondo Semprini