RACCONTO DI GIOVENTÙ

Il socio Vinicio Vergoni, classe 1926, prosegue nel ripercorrere episodi di quella bella stagione della vita che è la gioventù, con i primi tumulti del cuore.

Passarono alcuni giorni e lui la cercò aspettandola sui percorsi frequentati. Ma non la vide. Incontrò invece suo fratello, suo amico da tempo e compagno di studi anche all'istituto nautico. Parlarono di sport e in particolare di ciclismo di cui era praticante, del primo giro d'Italia del dopoguerra e anche di politica. Ma le idee non convergevano e la conversazione finì alla svelta con qualche sfottò.

Tuttavia, anche quell'incontro lo rattristò. Suo fratello lo conosceva bene perché, oltre che compagno di scuola, erano stati protagonisti di qualche bricconata giovanile che poteva giocare un ruolo non troppo favorevole. Cercò con forte proponimento di non pensare. La sera stessa ritornò a trovare la moglie del marinaio e fu una spina perché si era ripromesso di non rivederla e di evitare le sue lusinghe. Tornò così più confuso e scontento.

Evitò per qualche giorno le strade di un possibile incontro, si fece scontroso e solitario. Tutto ciò non passò inosservato all'avveduta sensibilità della madre che provò a interrogarlo, sia pure con delicatezza, non ottenendo però altro che sbattute di porta.

Tutti i sensi di lei erano protesi a percepire ogni movimento, ogni sentire, ogni pur piccola e insignificante voce che le potesse aprire uno squarcio su quella repentina variazione del modo d'essere di quel figlio.

E la rivelazione avvenne all'improvviso, complice il fratello minore. Era innamorato! Forse innamorato respinto. E la madre si rallegrò, troppo spesso lo aveva visto, e da altri indicato in compagnia di soggetti squalificati, e che si trattasse solo di una cotta la mise di buonumore.

Insisteva però perché fosse lui a sbottonarsi, almeno un poco, ma lui rimaneva chiuso a doppia mandata. Gli accenni gentili, un poco ironici e spassosi rimanevano senza risposta.

L'è vera che tat vò spusè? (È vero che ti vuoi sposare?) e lui Pensa per te!. A pens per me, e un po' enca per te (Penso per me e un po' anche per te) ma non c'era udienza.

Durò un paio di giorni, finché la madre, una sera mentre erano a tavola, di botto si rivolse al marito: Tal se che e tu fiul l'ha ciap una cota? (Lo sai che tuo figlio ha preso una cotta?), Mei na cota che na malatia (Meglio una cotta che una malattia), Cust vo dì? (Cosa vuoi dire?), Gnint us dis isè! (Niente si dice così!).

Lui sorrise e la madre notò e arrischiò ancora La fiola di Patrignani, e su fradel l'andeva a scola sa lò (La figlia di Patrignani, suo fratello andava a scuola con lui), E alora? (Allora?), Una bona fameja, la iè blina; un funghet ner (Una buona famiglia è bellina; un funghettino nero). Lui si era già alzato e pronunciò fra i denti: Che rumpiment ad scautli! (Che rompimento di scatole!), Tan magn? (Non mangi?), le urlò dietro la madre. Ma lui era già fuori.

Al bar di fronte a casa discutevano del re, della sua fuga, della repubblica che aveva vinto. Lui ascoltava senza intervenire. Ne sapeva più di quelli, ma non si degnava di esprimersi a quel livello. Uscì e si sentì battere su una spalla. Quando riconobbe la persona ebbe una sensazione sfavorevole, un'intuizione istantanea quale premonizione triste e magica.

Era un suo compagno di classe nella quarta media, un secchione con risultati da promozione, piuttosto isolato e dal carattere tormentato ed introverso, sempre vestito bene e rispettoso se non ossequioso verso i professori. Si diceva che la sua famiglia avesse molti soldi. Insomma un tipo tutto il contrario di quella mezza canaglia che era lui.

Non gli era piaciuto che gli avesse battuto sulla spalla e gli chiese: cosa c'è?, Ho bisogno di chiederti una cosa, rispose, vorrei sapere cosa c'è stato fra te e lei?. Lui fu preso da sconforto e abbassò il capo. Un turbinio di sensazioni e rabbia per quell'incontro e per la sua domanda che pareva però non umiliarlo affatto.

Per un attimo richiamò alla memoria quei pochi momenti di felice speranza come un caleidoscopio: il sorriso, il suo incedere, i suoi occhi verdi, la sua voce a tratti squillante a tratti roca, quasi sensuale; la risentì fra le sue braccia in bici e sul tango quando la sua coscia lo toccava.

Ma fu un attimo, alzò il capo e lo fissò negli occhi, voleva umiliarlo per la domanda che gli aveva fatto. Niente gli disse Assolutamente niente ma quello rimaneva lì e aspettava, Che cosa?. Allora aggiunse: Non la conosco molto bene ma è certamente una brava ragazza. Complimenti!. E se ne andò senza voltarsi.

Si rituffò nel suo mondo e ripensò con una punta di amarezza nel cuore che non avrebbe potuto esserci conclusione diversa. Figlia di famiglia, tutto casa e chiesa, non poteva non puntare su un bravo ragazzo, tutto casa, famiglia, diplomato, ricco e purtroppo anche bello.

Tuttavia quell'esperienza lo segnò in positivo. Lo fece riflettere sul suo vissuto, alle preoccupazioni che comunque sentiva di dare a sua madre, e riconobbe che gli amici squinternati e supponenti del bar erano tutti perdenti. Dopo qualche mese andò ad abitare lontano; le loro strade si divisero e non si incontrarono più.

Vinicio Vergoni