RITORNO A CASA

Il socio Edmondo Semprini, classe 1923, pensionato FS, ci ricorda un episodio della sua vita durante l'ultimo conflitto bellico. Memorie raccolte dal sig. Daniele Celli.

Verso febbraio 1944, essendo completamente distrutte le Officine Grandi Riparazioni di Rimini, sono stato trasferito a quelle di Porta Prato, a Firenze. Il mio alloggio era a Scandicci. La mia paga a Firenze era molto buona, essendo considerata zona di guerra, percepivo 1.200 lire al mese.

Il nuovo posto di lavoro era in un fabbricato molto lungo e stretto, posizionato tra il fiume Arno e lo scolo Mugnone, nei pressi del Ponte della Vittoria. Quando suonava l'allarme aereo bisognava correre come dei matti per uscire da quell'edificio, soprattutto se non ci si trovava vicino al portone d'ingresso. Ho saputo che in seguito erano state realizzate delle passerelle per creare nuove vie di fuga.

Da Casiccio ho assistito all'abbattimento del B24 caduto a Montefiore (25 aprile 1944). Ricordo che prima di precipitare ondeggiava a destra e a sinistra come fa una foglia quando si stacca da un ramo. Era una bellissima giornata. Ho contato nove paracaduti.

Da quassù ho visto anche il combattimento aereo di Montetauro (28 aprile 1944). Mi è stato raccontato che il pilota tedesco, dopo essere atterrato con il paracadute, è andato a rendere omaggio alla salma del pilota USA. Quel giorno molti aerei erano in cielo a combattere.

Ai primi di Maggio c'è stato un bombardamento che ha colpito Firenze, si diceva che avesse fatto novantadue morti, così, visto che le cose si stavano mettendo male anche qui, il giorno dopo ho deciso di tornarmene a casa senza chiedere l'autorizzazione. Il viaggio è stato una piccola odissea in quanto i treni civili ormai non viaggiavano più, solo quelli militari.

Di prima mattina, verso le sei, appena sentita la sirena dell'allarme sono salito sul primo tram che ho trovato. Ero a conoscenza che le disposizioni impartite agli autisti per evitare la distruzione del proprio mezzo, erano di portarsi verso la periferia della città. Sempre in tram, che ho cambiato più volte, passando per Ponte Rio Rossa, sono giunto a Trespiano, una località sulle colline di Firenze. Da qui mi sono poi incamminato per Borgo San Lorenzo.

Nei pressi di un distributore di benzina ho notato un'autovettura alla quale stavano facendo rifornimento di carburante. Mi sono avvicinato e, mostrando la mia tessera delle ferrovie, ho chiesto se mi potevano dare un passaggio. Il proprietario dell'auto, con tanto di autista, molto gentilmente mi ha fatto salire e mi ha portato fino al bivio per Fiorenzuola. Di nuovo a piedi ho raggiunto Ronta, dove abita Bonetti: il fratello di mia nonna, anche lui un dipendente delle ferrovie in pensione.

Dopo i saluti, mi ha invitato a pranzare a casa sua. Durante il pasto mi sono fatto indicare la via più sicura da seguire, così nel primo pomeriggio mi sono messo in marcia con il prozio che ha deciso di accompagnarmi fino al Passo di Casaglia: con uno del luogo il cammino era più sicuro, mentre uno sconosciuto poteva essere scambiato dai partigiani per una spia.

Lasciato il versante toscano stavo scendendo dal passo in direzione di Crispino del Lamone, quando due militi fascisti repubblichini mi danno l'alt. Mi chiedono i documenti e vogliono sapere dove sto andando. Spiego che mia madre è stata ferita in un bombardamento e che sto cercando di tornare a casa a farle visita. Non soddisfatti della mia risposta mi volevano portare in caserma per accertamenti.

Se questo fosse avvenuto sarebbe stato un grosso guaio, noi delle ferrovie eravamo militarizzati. Periodicamente, non ricordo se ogni settimana oppure ogni quindici giorni, dovevamo presentarci al nostro capo reparto dove un militare tedesco ci vistava i documenti con data e firma. Allontanarsi senza permesso era considerata diserzione!

Mentre stavamo discutendo sono arrivati due giovanissimi ufficiali ai quali spiego la situazione. Per fortuna loro mi hanno creduto e mi hanno lasciato andare. Riprendendo la mia strada mi sono accorto che mi stavano seguendo. Mi sono inquietato, ma poco dopo ne ho capito il motivo: più avanti c'erano altri posti di controllo a cui avrei dovuto spiegare di nuovo la situazione, con loro invece le porte si aprivano subito.

Edmondo Semprini