COME UN PESCE NELLA RETE

Il socio Benito Colonna (Toni), classe 1937, negli anni sessanta macchinista al Deposito Locomotive di Torino Smistamento, ricorda quando incappò in una poca simpatica vicenda.

Una notte, si era ai primi di novembre, ero arrivato in orario col 416 da Milano. Erano le ventitre e quindici. Fra l'ora di attesa del ricovero del treno (Torino è stazione di testa) andare in deposito locomotive e fare tutte le operazioni di pulitura, ceneratoio, camera fumo, rifornimento di carbone e acqua, portare la locomotiva in rimessa, poi lavarmi e cambiarmi, riuscivo normalmente, a cavallo della mia bicicletta dopo una pedalata di tre chilometri, a raggiungere la rosticceria sotto casa verso le due di notte.

Andavo in rosticceria perché il pasto che avevo consumato a Milano prima della partenza, ormai da tempo aveva esaurito il suo effetto e lo stomaco, brontolando, mi diceva che, se non l'avessi rifornito, non mi avrebbe permesso di prendere sonno.

I proprietari della rosticceria, moglie e marito di provenienza toscana, ormai sapevano le mie esigenze: tanto appetito e pochi danari. Sapevano come accontentarmi. Un abbondante piatto di fagioli in insalata con cipolla e qualche pezzo di baccalà impanato e fritto. Da bere due bottigliette di Coca Cola piene di vino rosso, occultato così perché non avevano la licenza per vendere alcolici.

Quella notte però feci più tardi del solito. Pedalai più in fretta che potei ma non mi riuscì di arrivare prima delle due e trenta. Non ero il solo cliente. C'erano anche due prostitute, i loro protettori e altri nottambuli. Stavo letteralmente divorando il mio pasto quando entrarono tre poliziotti. Senza tante storie chiesero i documenti a tutti i presenti.

Malauguratamente avevo dimenticato il portafogli al deposito locomotive, nello stipetto personale dove tenevo gli abiti di lavoro. Non vollero sentire ragione, nella retata inclusero anche il sottoscritto, nonostante i proprietari della rosticceria garantissero per me. Ci caricarono sulla camionetta portandoci in questura dove un numero elevato di barboni, sbandati e prostitute stava facendo un chiasso infernale.

Ero stanco morto, sentivo che il sonno stava per vincermi. Mi misi seduto sulla prima panca che trovai disponibile e partii per il mondo di Morfeo. Fui svegliato con uno scossone alla spalla. Un poliziotto giovane mi chiese chi ero. Gli spiegai e gli feci vedere i calli alle mani. Guardandomi bene in faccia e credendo alle mie affermazioni, mi invitò a seguirlo.

Il superiore, un capitano, ascoltò le mie ragioni, mi squadrò per bene, poi mi disse che potevo andare. Gli feci notare che a quell'ora i mezzi pubblici non circolavano e io ero a piedi. Comprendendo il problema, chiamò un subalterno e mi fece accompagnare in macchina fino a casa. Cominciava ad albeggiare.

Benito Colonna