Il socio Luciano Casalboni ricorda del padre Leo, partigiano ex ferroviere all'Officina G.R., le doti di abilità ed estro che lo caratterizzavano nelle sue occupazioni e negli hobby.
Era un appassionato cacciatore e anche un bravo tiratore. Gareggiava e vinceva spesso, non solo trofei ma anche cose materiali, biciclette, derrate alimentari, coppe di metallo pregiato, tante medaglie, in particolare tre d'oro, le più importanti date ai miei fratelli. Quando gareggiava, non voleva che lo seguissimo per questioni di emotività. Avevo circa dieci anni e sapevo che tirava a Rimini, al poligono che si trovava a Bellariva a ridosso della spiaggia. Di nascosto mi ci recai e aspettai di vederlo. Lui si posizionò come una statua in attesa del via e dalla mia posizione mi pareva di vedere la sagoma dell'eroe greco Leonida che da bambino era raffigurato su un libro di testo. Lo scatto, i due spari, i suoi capelli al vento mi sono impressi nella mente. Da adulto mi sono recato in Grecia e davanti alla statua di Leonida nell'atto di scagliare la lancia ho rivisto mio padre, rivivendo quella sensazione.
Era anche un bravissimo artigiano, un artista con gli arnesi e gli attrezzi. Quando era tornitore ha realizzato dei capolavori in miniatura, uno dei quali venne consegnato alle autorità Sovietiche da una delegazione che in Russia si era recata per scambi culturali. Si trattava di un portapenna montato sopra alcune ruote di locomotori in acciaio su cui svettavano falce e martello con la dedica I ferrovieri di Rimini. Altri ammirevoli lavori che ho visto di persona sono un moscone di alluminio lungo venti centimetri e largo dieci, con i due scafi, la pedana a listelli, la panchina anch'essa a listelli, i montanti per gli scalmi, gli scalmi e i remi, tutto rigorosamente in miniatura e tenuti insieme da microscopiche viti.
Un altro bellissimo capolavoro rigorosamente in acciaio era costituito da un obelisco conico alto venti centimetri sulla cui sommità leggermente concava, poggiava la punta dell'alluce di una statua femminile alta circa quindici centimetri. La donna nuda, bendata sembrava una ballerina in punta di piedi nell'atto di lanciarsi verso l'alto, l'altra gamba piegata in avanti, con le braccia flesse sorreggeva un bilanciere incurvato verso il basso, lungo quaranta centimetri, alle estremità del bilanciere erano posizionate due biglie. La donna stava perfettamente in equilibrio e si poteva girare e fare dondolare ma non cadeva grazie alla precisione del bilanciamento.
Altri bellissimi lavori erano rappresentati da serie di coltelli e arnesi da cucina, tagliapatate, grattugie, ecc. Quando oramai aveva smesso di lavorare si dilettava in questa sua arte, si isolava in cantina e costruiva miniature in legno, automobili, diligenze, trenini e ogni sorta di giochi e soprammobili. Ne ha fatti a iosa, i più li ha regalati, alcuni sono stati messi in vendita in alcuni negozi. Nonostante sia passato più di un ventennio da allora, ancora oggi ne vedo nelle vetrine e sopra i mobili nelle case di amici e parenti.
Recentemente ho telefonato a Milano al suo amico Bruno Bianchini per avere sue notizie e una delle cose che mi ha detto è che ancora oggi possiede quei capolavori e ogni volta che i suoi nipoti lo vanno a trovare vogliono giocarci. Quando io e i miei fratelli eravamo piccoli un giorno tornò a casa con un camion e rimorchio di legno fatto da lui. Alto quasi mezzo metro, sportelli, maniglie, vetri ai finestrini, i cassettoni ribaltabili, il rimorchio che si poteva sganciare e riagganciare, le ruote il volante, i pedali, i sedili, tutto rigorosamente in legno e funzionante. Quando riuscimmo ad aprire i portelloni ci accorgemmo che erano pieni di caramelle.
Luciano Casalboni