QUADEZA
Acqua tinteggiata - Acqua ticcia

Il socio Virgilio Cupioli (Tonino), Classe 1926, ricorda aspetti della sua fanciullezza soffermandosi questa volta sulle bevande.

Per bere veniva usata l'acqua del pozzo e per insaporirla, soprattutto d'estate quando faceva caldo, si miscelava con le polveri Brioschi, Wisy, Gazzoni, contenute in bustine. La bevanda sovrana però era la quadeza (specie di mezzo vino) molto gradevole per l'effetto raspino prodotto dai raspi d'uva che deliziava la gola.

Per spiegare come si produceva occorre illustrare come si faceva il vino: dopo pestata l'uva con i piedi nudi, si copriva il tino con un telo sollevato per l'arieggiamento; l'uva schiacciata si autoriscaldava iniziando così la bollitura naturale, con le vinacce che formavano un cappello in alto con sotto il mosto. Per dare gradazione e colore, il cappello veniva abbassato più volte con una pala per evitare che si seccasse, infine si svinava cioé si sottraeva il mosto attraverso la cannella e si travasava in un altro tino, che poi dopo altri travasi si trasformava in vino maturo.

Per produrre la quadeza, la vinaccia non veniva torchiata, restava nel tino ricoperta di acqua quanto basta e perché iniziasse la bollitura naturale veniva aggiunto un bigoncio di mosto caldo, finché formava il cappello che veniva abbassato una volta o due per dare gradazione, sapore e colore. Dopo circa due giorni, si prelevava il liquido, travasandolo in botti mediante cannella e gettando i raspi.

Si otteneva una bevanda di pochi gradi, se però durante il procedimento si aggiungeva uva pestata in quantità consistente diventava mezzo vino e assumeva gradazione e colore secondo la quantità immessa. Il colore della quadeza era rosso chiaro, quasi trasparente, veniva posto sulla tavola in una caraffa, dissetava ed era preferita alle altre bevande, gradita anche ai bambini. Si poteva definire un ottimo sottoprodotto del vino.

Virgilio Cupioli