FRONTE DI GUERRA

Il socio Benito Colonna, classe 1937, ci racconta come con i famigliari visse le ultime fasi del conflitto. La vicenda, siamo ai primi del 1944, inizia all'indomani di un micidiale bombardamento aereo sull'area litorale nord di Rimini, compresa la zona di Rivabella ove era la sua abitazione. Questo atto, nella piccola comunità terrorizzata, insinuò il timore dell'imminenza dell'offensiva Alleata facendo maturare e prevalere l'idea della fuga.

Al mattino, caricate le cose indispensabili sulla bicicletta, dopo aver tolto la catena per evitare di farsela requisire dai tedeschi in ritirata, partimmo in direzione mare. Arrivammo a Igea Marina con l'incognita di chi ci avrebbe ospitato. Fortunatamente ci vide un collega di lavoro di mio padre, un certo Pino che, intercedendo presso la direttrice riuscì a farci restare assieme a lui, alla casa di cura Sole et Salus.

Non ci era stata assegnata una stanza, né tantomeno dei letti. Si dormiva dove si poteva, a volte su un materasso a terra, altre si stava seduti appoggiando la schiena alla parete. Unica protezione contro le schegge era mettere i materassi alle finestre. Si era in tanti. Una massa eterogenea di disperati in attesa che il fronte passasse. Gli uomini si erano nascosti in soffitta e solo di rado scendevano giù. Il rischio era grande: i tedeschi ritirandosi effettuavano rastrellamenti, e chi veniva trovato sarebbe finito a lavorare in Germania.

Una notte le truppe tedesche se ne andarono lasciando in funzione un autoblindo e una postazione di mitraglia sulla spiaggia. Era poca cosa ma servì a tener fermo il fronte. L'autoblindo sparava un colpo di cannoncino, poi si spostava. Altro colpo, altro spostamento. Riuscì con questo stratagemma a far figurare più postazioni d'artiglieria, così che il fronte non si mosse per altri due giorni. Nella postazione al mare vi erano due mongoli che al primo mitragliamento ravvicinato contro un esploratore militarizzato, non sbagliarono il bersaglio bucando la pancia di quel povero ragazzo inglese.

Evidentemente tutta la scena era stata seguita dalla linea del fronte alleato, perché di lì a poco, nel luogo in cui si trovava la mitragliatrice arrivò una selva di proiettili da cannone tale che al diradarsi del fumo altro non restava che un enorme cratere. Il povero militare ferito, nel frattempo, si era trascinato a ridosso di un albero. Gli uomini, seguita la scena, appena poterono accorsero a soccorrerlo. Il poverino si reggeva le budella con le mani, il sangue gli usciva copioso dalle ferite. Purtroppo non c'era nulla da fare. Spirò tra le braccia dei soccorritori.

Benito Colonna