ACCADDE AL CASELLO

Il socio Benito Colonna (Toni), classe 1937, ex macchinista, rievoca su queste pagine un'esperienza di lavoro vissuta negli ormai lontani anni sessanta, quando da ferroviere prestava servizio in Piemonte.

Un pomeriggio, io e l'aiuto macchinista, stavamo effettuando un treno con le automotrici del gruppo 772 da Torino a Pre San Didier, viaggiando tranquilli lungo la tratta fra le stazioni di Chatillon e Chambave. Su tale percorso si trovava il casello ferroviario abitato dal casellante, sua moglie e da due schianti di belle figliole che tutti noi salutavamo ogni volta che passando in treno erano lì a presenziare il passaggio a livello.

Quel giorno la visibilità era buona, appena affrontata la curva prima del rettilineo, vidi in mezzo al binario una delle due figlie del casellante. La distanza che ci separava non era superiore ai venti metri. Istintivamente le mani corsero al freno, al fischio e all'azzeramento della trazione. Fatte queste operazioni indispensabili, ma in quel caso inutili, misi le mani sugli occhi per non vedere ciò che era inevitabile. In quegli attimi terribili ero in attesa di sentire il tonfo sordo dell'investimento.

Passato il punto non avvertii nessun rumore. Aperto il finestrino, misi la testa fuori. La giovane era al margine della massicciata, ritta in piedi come impietrita e spaventata a morte. In un istante aveva agito di riflesso e ritraendosi si era salvata la vita. Scosso ma contento, arrivato ad Aosta, nella breve sosta telefonai al casello. Mi rispose la voce tremante della giovane. Mi presentai e la ringraziai, con la sua prontezza di riflessi aveva salvato la sua vita e aveva lasciato me con la pace nell'animo. Non ho mai avuto l'occasione di stringerle la mano, ma ogni volta che transitavo e la vedevo a presenziare il passaggio a livello, la salutavo col fischio e con la mano. Era nata così fra noi una inusuale strana amicizia.

Benito Colonna