IL NAUFRAGIO DELLA GIORGIO ASTREA - 1957

Lui, che non entrava in chiesa, aveva nel portafogli, ormai sbrindellato e patinato di salmastro, il santino di San Antonio. La cassetta del ricambio dei panni, infradiciata dopo essere rimasta per settimane in mare, era aperta e vuota. Il giaccone di tela cerata era comparso da sotto la sabbia per il bordo del bavero.

Quel pomeriggio di oltre un mese prima avevano tutti preso il mare. Li avevano visti uscire dal porto e quelli sul molo che, intabarrati, pescavano con la canna, li salutarono a gran voce. Era molto freddo quel giorno di novembre. C'era un pallido sole che ormai calava netto a ponente. L'acqua del canale, quasi piatta, si rompeva al passare dei pescherecci colorati. Le scie si scontravano e creavano creste spumeggianti che si frangevano sotto i vuoti del molo. I gabbiani volavano bassi sugli scogli neri, senza emettere nessun suono. La freccia del barometro era sul variabile. All'orizzonte un sottile filo bianco, quasi impercettibile, tradiva la nebbia in arrivo. Il rumore ritmico e forte dei motori ti entrava dentro, scuoteva le visceri e rombava ancora dopo che avevano preso il mare aperto.

Quel pomeriggio Marisa era andata a prendere Mariolino all'asilo perché sua sorella era con la cassetta del pesce ancora in pescheria. A casa c'era da rigovernare e preparare la cena. Mario era irrequieto. Gattoni sul pavimento giocava con le costruzioni e tutti i pezzi erano sparsi in cucina. Marisa li raccolse e li pose sul tavolo. Non voleva che strisciasse le ginocchia sui mattoni. Mario cominciò a strillare facendo i capricci. Salito su una sedia rigettò tutto a terra e così facendo ricevette due sculacciate che lo fecero frignare a lungo. Fra le lacrime minacciava di dirlo al nonno di cui era il primo unico nipote.

Dopo avere cenato, quando fu l'ora del riposo, Marisa aprì la finestra per chiudere gli scuri e mormorò: viene su la nebbia. Nella notte profonda il cupo ruggire del mare si sparse su tutte le case del paese. Il vento forte sibilava e gli infissi scricchiolavano. Marisa ebbe un sonno agitato. Alternava brevi assopimenti a lunghe veglie a mente lucida. Quel mare la tormentava e il pensiero della barca le avvinghiava il cuore. Si alzò, andò in bagno e nel buio incollò l'occhio sul vetro del finestrino che aveva lo scuretto. Il lume pendolo, alto, al centro della via, era scosso con violenza dal vento. Mandava in altalena tenui bagliori e il piatto strideva. Sulla strada sciamavano a nugoli le foglie gialle e lontano si accendevano lampi senza tuono in un cielo tenebroso. Dal ritmo degli schianti dei cavalloni che sciacquavano la riva si capiva quanto fosse forte la burrasca. Si raccomandò alla Madonna e ne ebbe conforto. A bordo erano tutti vecchi lupi, il legno era nuovo e tante volte avevano affrontato la collera del mare. Tornò a letto e prese sonno.

Vi. Ve.
(continua)