L'INCANTO DELL'ARTE

La figlia del nostro socio Franco Dellavalle, Patrizia, ha pubblicato un libro di racconti (PattyD - Interferenze, Miraggi erotici intermittenti - Giraldi Editore). In quest'occasione ci propone un racconto ispirato al quadro "Nudo di schiena" di Edouard Manet

Finalmente le strade dell'arte hanno cambiato rotta. Di solito per vedere una bella mostra bisogna girare l'Europa o andare nelle grandi città: Milano, Roma, Venezia. Le piccole città sono spesso tagliate fuori dalle grandi esposizioni. Non questa volta. Finalmente posso assaporare i capolavori dei grandi pittori e ammirare le loro tele. La follia di Van Gogh, i tenui paesaggi di Monet, e poi Degas, Pissarro, Renoir... artisti che hanno raccontato un'epoca, che hanno descritto il loro tempo e i loro luoghi senza orpelli.

Entro nella grande sala dove sono esposte le opere: prima da lontano, per carpire l'immagine d'insieme, l'effetto totale. Poi mi avvicino, lentamente, per cogliere i particolari che piano piano emergono dalla tela. Infine il mio naso arriva al limite consentito dai sistemi di sicurezza per analizzare le pennellate, le sfumature di colore, sperando di carpire qualche piccolo segreto.

Stavo analizzando le tele di Monet, i suoi paesaggi con i colori a volte tenui a volte brillanti, le sue macchie di colore che viste alla giusta distanza assumevano un'insolita nitidezza, quando il mio sguardo cadde su un artista che non conoscevo: Manet. Com'era diversa la sua pittura! I colori erano più decisi, le figure ben delineate anche a breve distanza... Poi lo vidi. Il piccolo quadro era lì, di fronte a me.

Per un attimo ebbi la sensazione di guardarmi allo specchio. La pelle liscia e tesa, le rotondità, la pancia prominente, la cellulite sui fianchi e il seno prosperoso. La guardo ancora e mi sento come se una telecamera mi inquadrasse alle spalle e proiettasse le immagini davanti a me. Senza vestiti. Come d'abitudine mi avvicino. Ma questa volta sensazioni sconosciute mi assalgono. Mi sento strana. Mi muovo lentamente spostando un piede davanti all'altro per non barcollare: mi gira la testa. Un altro passo e la mia vista si annebbia, come se avessero tolto gli occhiali a un miope. Ancora un passo. Ho l'impressione che il quadro si muova. Una luce accecante mi abbaglia. Poi nulla è più come prima, tutto si trasforma...

Entro nella stanza e la vedo. Si prepara per il bagno. Sono alle sue spalle ma lei non mi ha ancora visto. Esco e corro a prendere l'album per gli schizzi. Quando torno la tentazione di abbandonare carta e matita è forte. Sarei tentata di lasciare che siano tutti i miei sensi a registrare le sue forme invece dei miei soli occhi. Vorrei accarezzarle le spalle, ma senza farla sussultare. Mi piacerebbe sfiorare la sua pelle calda, far scorrere la punta delle mie dita lungo il profilo delle sue spalle, per scendere lungo le sue braccia e poi risalire.

Immagino le mie dita appoggiarsi sulle sue scapole e poi correre giù lungo la schiena. Che bello sarebbe, sentire il levigato candore della sua pelle sulla mia. Mi piace il suo corpo abbondante e armonioso. Vorrei abbracciarla. Abbracciare le sue forme. Ma mi limito a guardarla. E a disegnarla. Il desiderio di abbracciarla è sempre più forte, ma continuo a stringere forte il carboncino fra le dita.

Volevo accennare le curve del suo corpo per poi elaborarle in seguito. Ma il tratto si fa sempre più greve, man mano che scendo lungo la rientranza della vita: sono costretto a ridisegnare i fianchi e le linee si affiancano senza sovrapporsi. Com'è forte il desiderio di toccarli! Sono così attratto da lei che le forme disegnate dalla mia mano sono sempre più pesanti, come pesante e insistente si fa il mio desiderio. Il braccio piegato è diventato improvvisamente difficile da disegnare, mentre le rotondità del suo seno appena visibile e del suo ventre, fanno scorrere veloci il carboncino.

Continuo a guardarla alla ricerca di altri particolari, ma solo un pensiero anima le mie mani, i miei occhi e il mio pensiero. Poso la tavoletta sulla sedia. Il carboncino rotola sul pavimento. Mi avvicino e l'abbraccio. Finalmente il mio corpo accarezza il suo, finalmente la sua schiena liscia e vellutata contro il mio petto. Lei sussulta ma non si ritrae. Finalmente le mie dita seguono i contorni del suo corpo non più come estensione del mio sguardo ma come organo a sé.

Ridisegno le sue forme per soffermarmi sui particolari che il quadro non mostrerà mai perché nascosti alla vista. Una luce accecante. Di nuovo. E di nuovo davanti ai miei occhi il quadro. Un sogno? Una visione? Me lo chiedo ancor oggi. Una copia del quadro è appesa sulla parete di fronte al letto. La guardo sperando che Edouard voglia ancora regalarmi un istante dei suoi pensieri.

Patrizia Dellavalle