LATITANTE

Il socio Luciano Casalboni prosegue nella narrazione delle memorie del padre Leo che, latitante dopo l'8 settembre e ricercato dai repubblichini, non sentendosi sicuro in città, trovò rifugio in campagna presso il podere della famiglia della fidanzata Nives, che sarebbe diventata poi sua moglie.

Mentre Leo aiutava i suoi ospiti con lavori nei campi, le sue sorelle a turno facevano la spola con la città per informare e aggiornare sulla situazione che si viveva. La notizia più rilevante fu la piega che aveva preso la guerra. Gli alleati incalzavano i tedeschi che arretravano e si attestavano su posizioni strategiche.

Capitò infine che il podere venisse requisito da un plotone tedesco che aveva il compito di smistare gli ordini tra le truppe e i comandi. L'ufficiale responsabile era una brava persona e promise di trattare con rispetto i componenti del casolare, in cambio dell'ospitalità per i suoi soldati che si sistemarono alla meglio tra il casolare, le stalle e i magazzini.

I soldati erano quasi tutti giovani, timidi e per età solidali con i ragazzi di casa, imbarazzati della veste di invasori, arrossivano ogni qualvolta incontravano le ragazze; ringraziavano quando veniva offerto loro un poco di latte o qualche ortaggio che i campi ancora producevano.

Nonostante il buon rapporto, i nostri non si fidavano tanto a causa di un gruppo di veterani che si comportavano proprio da invasori. Costoro si resero responsabili di azioni goliardiche a danno delle cose, degli animali del podere e soprattutto delle ragazze. Una volta arrivarono a gettare loro addosso un mastello di acqua gelida, la Maria cadde e rischiò di perdere il bimbo che portava in grembo.

I nostri, oltre alla cucina, avevano a disposizione solo due camere mentre i tedeschi occupavano tutto il resto, compreso il corridoio dell'abitazione. In una camera dormivano i suoceri Cesare e la Ceda nonché il più piccolo dei fratelli Giovanni. Nell'altra il cognato Zeno con le tre ragazze, Nives, Lina e Maria.

Leo e Zeno si erano dati il compito di proteggere gli altri e stavano all'erta, Leo aveva una pistola mentre Zeno un fucile. Zeno era preoccupato perché in caso di pericolo sapeva che avrebbe sparato il colpo in canna ma sarebbe stato sopraffatto prima di ricaricare, nello stesso tempo ringraziava la sorte di avergli mandato Leo che conosceva per il suo coraggio e che poteva contare sui sette colpi della sua pistola.

In quel periodo, a modo loro, ognuno si comportava da eroe, Giovanni faceva la staffetta, correva in continuazione per tenere il collegamenti tra i componenti del nucleo ogni qualvolta si separavano; le ragazze stavano sempre insieme in modo da non essere sorprese. Una volta Maria fu accerchiata da un gruppo di veterani tedeschi un poco brilli, in quell'occasione Lina si tolse le scarpe e si gettò a capofitto dentro il branco, mentre Nives portava via Maria sotto choc. Lina menava fendenti a destra e a manca, tanta era l'irruenza, mentre il branco fuggiva pieno di lividi e bernoccoli.

Luciano Casalboni