IL RICORDO DI UN AMICO

La notizia del decesso dell'amico Tonino Milano, collaboratore di questo periodico, mi ha fortemente rattristato. Lo sapevo da tempo malato e negli ultimi tempi relegato in casa. L'ultima volta che ho colloquiato con lui per telefono è stato nel mese di ottobre, qualche giorno prima dell'incontro pubblico fissato per la presentazione del suo libro autobiografico I ragazzi che fummo, per invitarmi a partecipare. Nella circostanza eravamo rimasti d'accordo che mi avrebbe fatto consegnare alcune copie del suo libro per i soci interessati all'acquisto.

Mi recai con curiosità a quell'incontro, che ebbe luogo nella sala degli Archi, al palazzo dell'Arengo, ma lui non c'era. Il relatore disse che non era in grado di presenziare a causa delle sue precarie condizioni di salute, ma l'editore e lo staff organizzatore supplirono all'assenza con la proiezione di una sua intervista che aveva come tema la rievocazione dei fatti salienti della sua vita.

Tonino, rispondendo alle domande dell'intervistatore, appariva pallido, emaciato, con i tratti del volto tesi, segnati da un'espressione di sofferenza. La voce era un flebile sussurro, stentata nella formulazione delle parole. Un'immagine commovente dal quale traspariva il suo stato di prostrazione fisica.

Non ricordo quando e come conobbi Tonino, forse negli anni settanta quando ero ancora un ferroviere pendolare che si recava a lavorare a Forlì. Agli inizi degli anni ottanta, quando dopo una lunga gavetta in altre città, durata 17 anni, presi finalmente servizio a Rimini, in biglietteria, Tonino svolgeva già i suoi compiti all'ufficio telegrafo.

Avevamo la stessa qualifica di capo gestione, inseriti però in settori diversi, pertanto con rapporti di lavoro e personali occasionali. Io fra l'altro, poco dopo il mio arrivo a Rimini, fui nominato Cassiere Economo del Dopolavoro, incarico per il quale venivo distaccato in servizio presso l'Associazione DLF per lunghi periodi, salvo rientrare puntualmente in biglietteria quando più forte era l'afflusso di passeggeri (Pasqua, Natale e nei mesi estivi).

In stazione gli uffici dove noi prestavamo servizio si affacciavano, fronteggiandosi, sull'atrio viaggiatori. Avevo modo così ogni tanto, sbirciando, di osservarlo non senza una punta d'invidia perché, mentre gli sportelli della biglietteria erano quasi sempre affollati, viceversa all'unico sportello dell'ufficio telegrafo persone se ne vedevano solo sporadicamente.

Confesso che proprio per questa diversa condizione lavorativa, che ritenevo per lui privilegiata, non mi rimaneva troppo simpatico. Come dice il detto: L'erba del vicino è sempre più verde. In modo ottuso non consideravo che il profilo di lavoro era diverso e che magari le incombenze e le responsabilità sue avrebbero potuto essere altrettanto se non superiori a quelle che svolgevo.

Fu al Dopolavoro Ferroviario, poi, dove ogni tanto mi veniva a trovare, che ebbi modo di approfondire la sua conoscenza e apprezzarne le doti umane e la rettitudine che lo caratterizzavano. Lo ricordo come una persona sempre piena d'idee e per la sua fermezza negli obiettivi che si prefiggeva di raggiungere.

Circa a metà degli anni novanta sondò con noi del DLF la possibilità di assorbimento nell'Associazione della compagnia teatrale che dirigeva. Di lì a poco si concordò la partecipazione di questo suo gruppo teatrale, per conto del nostro DLF, a un concorso nazionale a Milano, dove infatti si esibì riportando un notevole successo, con un ottimo piazzamento.

In quanto alla ventilata formazione del gruppo di Filodrammatica DLF, di cui si era fatto ardente promotore, rimase malauguratamente solo una bella intenzione. All'arenarsi di questo proposito forse non furono estranee la costituzione, nel contempo, del Gruppo Teatrale Dialettale DLF di Guido Lucchini e le scarse disponibilità economiche che avrebbe potuto offrire la nostra associazione, a supporto dell'operazione.

In seguito fu sostenitore della causa DLF. Scrisse polemiche lettere ai giornali quando, nel 2002, si condusse una ferma battaglia di opposizione al progetto di realizzazione, sulle aree del DLF, del nuovo Palacongressi. A dire il vero era anche assolutamente contrario a quella che è stata poi la destinazione finale. E non aveva torto.

S'impegnò infine nel progetto del libro. Quanto lavoro preparatorio, a quante porte bussò prima di raggiungere l'obiettivo della sua pubblicazione. Circa due anni fa mi presentò il manoscritto, la raccolta delle sue memorie, per avere suggerimenti e consigli. Era la sua ultima idea, andata felicemente a buon fine.
Riposa in pace Tonino.

Giovanni Vannini