Il davanzale gli rimaneva troppo alto. Stava seduto sulla carrozzina con una coperta sulle gambe inerti, quello era il suo posto. Da quella finestra, con il davanzale lassù, vedeva gli abbaini, i tetti e il campanile. Poteva seguire il volo degli uccelli.
Aveva memorizzato tutti i rumori, le voci e persino i passi di quelli di sotto. Riconosceva chi entrava dal fornaio dal buongiorno e le voci delle comari che spettegolavano. Sentiva lo scalpiccio della ragazzina del secondo piano che scendeva le scale e lui forzava sugli appoggi i muscoli rimasti per vederla un attimo attraversare il selciato.
Avrebbe voluto stare in posizione più alta per vedere tutto il vicolo, così invece di immaginare ciò che accadeva avrebbe visto e dedotto tutti gli intrecci della vita dell'isolato.
Quando erano venuti quelli della USL, nel mese di luglio, gli avevano promesso che, entro pochi giorni, avrebbe avuto una carrozzina più mobile a cui avrebbero applicato un sedile più alto. La nipote lo aveva rassicurato dicendo che, con due cuscini, sarebbe riuscito a vedere tutto.
Ma passarono le settimane, l'attesa si era trasformata in labile speranza che tuttavia occupava sempre i suoi pensieri. Egli ripeteva ossessivamente a se stesso e agli altri: Quando avrò la carrozzina allora sarà un'altra cosa.. Ormai era passato l'autunno.
Curvo, fra i cenci che lo avvolgevano per preservarlo dal freddo, sembrava un fagotto. Tuttavia, seppur rassegnato, ripeteva sempre che sarebbe tornato a vivere appena fosse arrivata la carrozzina più alta. Persino di notte, quando pregava, in mezzo ci metteva la raccomandazione al Patrono perché intercedesse presso il Signore per la carrozzina. A poco a poco perse le forze, prese a farfugliare, ma quella parola su cui era allenato, la ripeteva ancora: la carrozzina.
Un giorno arrivarono con la carrozzina nuova, gli misero un paio di cuscini sotto e lui, per la prima volta, vide tutto intero il vicolo. Ma la sua felicità fu di breve durata. Dissero che era soltanto una prova e che ci volevano alcune modifiche. Lo rassicurarono: l'indomani avrebbe avuto al carrozzina nuova.
Quando rimase solo pianse di rabbia, poi parve rassegnarsi all'attesa. Ritornò l'estate e della carrozzina non si seppe più nulla. L'interessamento della nipote si frantumava contro un muro di gomma. Un giorno il telefono trillava a vuoto, un giorno davano una speranza, un giorno, quasi spazientiti, rispondevano che c'erano tante richieste e che bisognava attendere che se ne liberasse una.
Quando arrivò l'autunno ed i rami dei platani si allungarono senza speranza, nudi, verso il cielo, lui perse completamente le forze. Rimaneva fisso, con il capo reclinato, non riusciva più a degluttire. La nipote lo chiamava e lo scuoteva per smuoverlo dal torpore. Un mattino grigio di novembre lo chiamò invano. Verso mezzogiorno arrivarono due signori, ma di fronte all'uscio c'era gente triste. Allora quelli ridiscesero le scale e le ruote della carrozzina girarono a vuoto.
Vi.Ve.