Il socio Milano Vito (Tonino), classe 1926, ripercorre con la memoria i giorni che precedettero la liberazione della nostra città. Allora era sfollato con la famiglia nella frazione collinare di Vergiano.
Sul finire di quell'estate il fronte era pochi chilometri a sud di Covignano, la collina era messa a ferro e fuoco dal cielo, dal mare e dalle artiglierie. Giorno e notte i bagliori e gli scoppi di quell'inferno incendiavano l'atmosfera. Vergiano, situata leggermente più a nord era, si fa per dire, meno esposta.
Per garantirci un minimo riparo abbiamo vissuto, io e la mia famiglia, quest'ultimo squarcio di guerra in un riparo ricavato da un fossato ricoperto di travi e da un palmo di terra. Nei pochi momenti di tregua mio padre e mia madre si affrettavano, nella vicina abitazione, a preparare un misero pasto.
Erano tempi di carenza di cibo. Circa un mese prima un evento straordinario ci alleviò da tale penuria, morirono mitragliati sulla strada due buoi e così potemmo mangiare bistecche e fu una festa.
Ci capitò anche di vedere precipitare un aereo alleato non troppo distante da noi e i tedeschi accorrere per la cattura del pilota lanciatosi col paracadute. Per farla breve, eravamo proprio al centro della battaglia e molti abitanti scelsero di effettuare un altro esodo verso le gallerie ferroviarie della neutrale Repubblica di San Marino.
Sarebbe stata anche la nostra intenzione, mia e delle mie due sorelle, ma rinunciammo per non separarci dai genitori che non vollero allontanarsi per sorvegliare quel poco di masserizie che ancora avevamo. Non mancarono i sciacalli che approfittavano delle abitazioni rimaste incustodite. Così restammo uniti, negli ultimi giorni di fronte, in quel precario rifugio.
Io, col mio proverbiale spirito, con l'intento di salvarmi da eventuali rastrellamenti mi ero abbondantemente fasciato piede e caviglia, fingendomi invalido, con tanto di bastone. Dormivo proprio all'imboccatura del rifugio, quando una mattina un soldato tedesco si affacciò tentando di svegliarmi urtandomi dolcemente con il fucile.
In un primo momento mi finsi addormentato poi, per timore del peggio, mi accinsi a uscire fingendomi in difficoltà tanto che lui mi tranquillizzò: Ho, malato? Allora dormire, dormire! Sicuramente era uno di quelli buoni! Stavano rastrellando persone per lo scavo delle trincee e il mio travestimento mi aveva salvato.
Vito Milano