Il socio Lucchini Guido, classe 1925, ci racconta un episodio accadutogli durante il periodo bellico che rileva i disagi di quegli anni. Come quello di percorrere tutti i giorni in bicicletta, con qualsiasi tempo e in ogni stagione, decine di chilometri per raggiungere dal paese dove era sfollato il posto di lavoro e viceversa.
Correva l'anno 1943, periodo di guerra, ero occupato presso le Officine Locomotive di via Tripoli, le sirene d'allarme erano in azione a tutte le ore del giorno e della notte.
Quel giorno, per tornare a casa, decisi di prendere la strada per Bordonchio, dov'ero sfollato. Ma quando si dice la scalogna, avevo appena oltrepassato le Celle sulla strada che porta a Ravenna, che forai una gomma della bicicletta. Accidenti e imprecazioni verso quella gomma si sprecarono, mi vedevo costretto a fare quei 7/8 chilometri a piedi, con la bicicletta per mano.
A un tratto però sentii arrivare un camion proveniente da Rimini. Mi girai e notai che si trattava di un mezzo militare. Niente paura, in tasca avevo il permesso di operaio militarizzato rilasciato dal Comando Tedesco dell'Officina. Mi misi in mezzo alla strada, sempre con la bicicletta, un braccio alzato per chiedere un passaggio. Il camion si fermò. Alla guida un fascista in divisa e altri due nell'abitacolo.
Il fascistone alla guida mi squadrò ben bene e mi chiese cosa volessi. Gli dissi della foratura e che dovevo arrivare a Bordonchio. Lui, braccio appoggiato alla portiera, sguardo indagatore, mandibole quadrate come un bulldog, due spalle da scaricatore di porto, mi chiese con voce tonante: Ti piace la vita comoda? In quel momento, come in un lampo, mi ricordai dei proclami del Duce dal balcone di piazza Venezia a Roma stracolma di gente: Volete la guerra? Tutta la piazza: Sì! E poi ancora: Vi piace la vita comoda? E ancora la piazza: No!
Il fascistone interrompendo le mie meditazioni, sempre con voce dirompente mi chiese di nuovo: Allora, ti piace la vita comoda? E io pronto e deciso: No. Mi rispose: E allora vai a piedi. Ingranò la marcia e ripartì a spron battuto.
Io, incredulo, bloccato sul ciglio della strada intonai la mia preghiera del giorno: Signurein per piaser, una gama de camion, una snà, una bela bota, per piaser! (Signore, per piacere, una gomma del camion, una sola, una bella botta, per piacere!). Non so se fui esaudito perché a quei tempi ero troppo birichino. Così, rassegnato, mi avviai a piedi verso Bordonchio, alla volta della casa colonica di Gurir (Fabbri) dov'ero sfollato, intonando una canzonetta dell'epoca.
Guido Lucchini